venerdì 16 settembre 2011

Cube - Il cubo


Cube - Il cubo (1997)
Titolo originale: Cube
Regia: Vincenzo Natali
Con: Nicole de Boer, Maurice Dean Wint, Nicky Guadagni, David Hewlett, Andrew Miller
Voto: 7,5



Primo lungometraggio del canadese (di chiarissime origine italiane) Vincenzo Natali, Il cubo è riuscito a rendere il suo regista un autore di culto, nonché riconosciuto principe del “low budget” (questo film sembra che sia costato 350 mila dollari, che per una produzione cinematografica nordamericana non è molto). La pellicola si fa guardare in effetti volentieri, nella sua compresenza di generi (thriller, horror, fantascienza) che non è forse il maggior segreto del suo successo. Probabilmente, la scelta vincente di Natali sta nella radicalità con cui viene presentata la claustrofobica vicenda: ci sono sei persone (numero non casuale) rinchiuse in un grosso cubo fatto di piccoli cubi comunicanti l’uno con l’altro attraverso un varco presente su ognuna delle sei facce, e queste persone devono uscirne. Uscirne sì, ma come? Già, questo è il problema: i prigionieri del cubo infatti non devono solo capire qual è la direzione giusta per uscire, ma anche in quale modo evitare quei cubi che – in modo apparentemente casuale – nascondono trappole tanto pericolose che mettono seriamente a repentaglio la vita di chi vi entra (a tratti, il film sembra in tal senso richiamare un classico della letteratura gialla come Dieci piccoli indiani di Agatha Christie). Insomma, la situazione è tra Stephen King e Franz Kafka, con l’aggravante che i prigionieri del cubo non sanno né chi li ha messi lì, né per quale ragione. Del resto non lo sappiamo nemmeno noi, né al regista – ecco la radicalità di cui parlavo prima – interessa farcelo sapere (e infatti la camera da presa non esce mai fuori da quelle cubiche mura, che oltretutto cambiano colore ogni tanto, a creare inquietanti giochi di luci e ombre), ma questa asciuttezza della trama non indebolisce il film, anzi lo rafforza perché fa convergere tutta la tensione attorno all’unica cosa che davvero conta della situazione, ossia sopravvivere e uscire vivi. Insomma, alea iacta est, il dado (anzi, il cubo) è tratto, e da questo – uno spunto narrativo tutto sommato fragile – si srotola l’intera trama, che invece tiene incollati (e pure un po’ angosciati) allo schermo. Ogni tanto si va un po’ sopra le righe, forse alcuni personaggi sono un po’ troppo stilizzati, ma non importa: quando si guarda questo film, l’unica preoccupazione che si ha è quella di uscire sani e salvi dal cubo. Film sconsigliato ai claustrofobici, ma intrigante.

 Una scena del film

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