venerdì 10 maggio 2013

Match Point


Match Point (2005)
Titolo originale: Match Point
Regia: Woody Allen
Con: Scarlett Johansson, Jonathan Rhys Meyers
Voto: 9,5



Il tema di fondo, che ha in sé qualcosa del tema pirandelliano sul rapporto tra sostanza intima e forma sociale dell’essere umano, lambisce la riflessione che è stata suscitata su questo blog qualche tempo fa dall’analisi di un film denso come Into The Wild. In fin dei conti, il nodo è sempre quello: dovendo scegliere, è meglio vivere un’esistenza disagiata cercando di realizzare le proprie ambizioni, oppure vivere la più semplice delle esistenze possibili svendendo l’anima al migliore offerente? Il protagonista di Match Point, una delle migliori opere del Woody Allen senile, non ha alcun dubbio e sceglie la seconda opzione: maestro di tennis proveniente da una famiglia non molto agiata, ha l’opportunità di sposare la figlia di un ricchissimo imprenditore di Londra e non se la lascia sfuggire, sebbene sappia benissimo di non amare neanche un po’ questa ragazza (che invece di lui è molto innamorata). Per tutti gli agi che una vita così benestante comporta, compreso l’essere assunto nell’azienda del suocero, si può anche simulare senza problemi un po’ d’amore. Ma si tratta veramente di una scelta senza problemi, o qualche problema c’è?

Il problema c’è, o comunque viene a galla quando il maestro di tennis si trova ad avere a che fare con una ragazza bellissima, tra l’altro la ex del cognato. Il vero amore è lei. Però è una ragazza squattrinata, un’aspirante attrice con molti più provini andati a male che parti ottenute; e poi c’è il matrimonio di mezzo, e mica è facile rompere con una famiglia così ricca come quella della moglie...

La condizione da pirandelliana si fa kafkiana: il maestro di tennis non solo deve scegliere per forza una delle due strade – o restare con la moglie o fuggire con l’amante – ma capisce anche che non ha scampo, quale che sia la scelta dovrà effettuarla forzando la mano, commettendo qualcosa di immorale che lo liberi dal guaio in cui si è cacciato, perché colei che da lui verrà respinta di certo non la prenderà bene... Nel film si cita più di una volta Dostoevskij, e appare pure una copia di Delitto e castigo, e non si tratta di un caso...

Woody Allen filosofeggia come (quasi) sempre sui temi a lui più cari, sui rapporti interpersonali e sul destino dell’uomo, accentuando la riflessione sul ruolo che la fortuna ha nelle nostre vite, un ruolo fondamentale che spesso cerchiamo di rinnegare, convincendoci del contrario, perché ci fa paura pensare che abbia così importanza un elemento che sfugge totalmente al nostro controllo. Per veicolare questa riflessione, Allen abbraccia, con risultati davvero ben riusciti, i registri del noir, confezionando un lavoro rigoroso e asciutto, geometrico e impeccabile che inizia come un film sentimentale e finisce come un thriller carico di tensione dal meraviglioso finale. Ne viene fuori insomma un film intelligente e sorprendente, molto “pensato” e ricco di spunti di lucide riflessioni, ma anche coinvolgente.

Scarlett Johansson e Jonathan Rhys Meyers in una scena del film

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