venerdì 20 settembre 2013

Chi ha incastrato Roger Rabbit

Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988)
Titolo originale: Who framed Roger Rabbit
Regia: Robert Zemeckis
Con: Bob Hoskins, Christopher Lloyd
4 Premi Oscar 1989 (migliori effetti speciali, miglior montaggio, miglior montaggio sonoro, premio speciale per la creazione e direzione delle animazioni a Richard Williams)
Voto: 9



In un’epoca come la nostra in cui qualsiasi film-maker amatoriale sarebbe in grado di rigirare Matrix con un semplice smartphone (non è così, lo so, ma è per rendere l’idea), forse la visione di Chi ha incastrato Roger Rabbit stupisce un po’ meno di quando uscì (sbancando i botteghini), o comunque stupisce coloro che non sanno che il film è stato girato nel 1988. Non c’erano più le tecniche ataviche del cinema muto, è chiaro, ma non c’era ancora stato l’avvento della tecnologia digitale che di lì a poco avrebbe consentito agli effetti speciali cinematografici di fare un salto in avanti sia sul piano della fattibilità realizzativa sia su quello della verosimiglianza. I creatori di Roger Rabbit, mossi da un Robert Zemeckis che passava un periodo particolarmente propizio in termini di cult movie (realizzò il film tra il primo e il secondo episodio di una serie dal successo planetario come Ritorno al futuro), riuscirono invece, con i mezzi dell’epoca, a creare un film in cui la coesistenza tra attori in carne ed ossa e personaggi creati coi cartoni animati fosse integrale, continua lungo tutto il film ed assolutamente credibile. Certo, già negli anni Sessanta con Mary Poppins (ed anche con Pomi d’ottone e manici di scopa poco tempo dopo) si era riusciti nell’impresa di far muovere attori “umani” all’interno di un cartone animato, ma lì si trattava soltanto di una parte ridotta – per quanto ammirabile – del film, mentre qua invece la “convivenza” copre l’intera durata della pellicola, e non prevede solo attori che recitano in un contesto animato ma anche – e per lo più – cartoni animati che “recitano” su un set reale.

Dal punto dei mezzi impiegati per la sua realizzazione, quindi, Chi ha incastrato Roger Rabbit è indiscutibilmente un capolavoro – quasi un miracolo – giustamente ricompensato da quattro Oscar, tutti “tecnici” (effetti speciali, montaggio, montaggio sonoro più un premio ad hoc per le animazioni). Nessun riconoscimento è arrivato sul piano non tecnico, e forse è un peccato, perché il film non si ferma alla gustosa carrellata di personaggi animati che si muovono con disinvoltura accanto a veri attori. C’è dell’altro. Il “sincretismo” umani-cartoni non è fine a se stesso: in un riuscito omaggio – o una ironica parodia – a quella magnifica ma anche ambigua fabbrica dei sogni che è il cinema mainstream americano (tra la Cartoonia del film e la Hollywood della realtà c’è più di una parentela, sospese come sono entrambi tra la magia di un mondo che produce una nobilissima arte e le meschinità che vi sono alle spalle, tra produttori avidi e addetti ai lavori senza scrupoli), la storia dell’omicidio a cartoni pone pure un sincretismo “di genere”. Assistiamo cioè ad un contesto prettamente da film per bambini (con una pachidermica carrellata di personaggi animati che manderebbe in visibilio qualsiasi spettatore compreso tra i tre e i dieci anni) che si presta ad ospitare una vicenda dai contorni assolutamente noir, quasi hard-boiled, a creare un contrasto spiazzante ma decisamente godibile.

È certamente, quindi, un film sui generis, sospeso tra i due mondi appena citati – il cartoon e il noir – e che di conseguenza finisce con l’essere ibrido: tra il divertentissimo cortometraggio iniziale (indiscutibilmente strepitoso) e la “violentissima” scena della scarpa di cartone animato sciolta nella terribile “salamoia” (forse la scena più cruda di cui sia mai stato protagonista un cartone, almeno nel cinema “di massa”, escludendo cioè esperimenti più recenti e meno da blockbuster come Valzer con Bashir) c’è un contrasto forte a tal punto che quasi meraviglia che queste due scene facciano parte dello stesso film. Ma è del resto un po’ il gioco delle parti del cinema, quello stesso gioco delle parti messo in luce dall’irresistibile femme fatale cartoon Jessica Rabbit in una delle battute più famose del film: “io non sono cattiva, è che mi disegnano così”. Insomma, l’ambiguità sta un po’ nelle cose, sta anche nella magia del cinema, e nelle bassezze del suo dietro le quinte. Per questo alla fine Chi ha incastrato Roger Rabbit ha in sé qualcosa di poetico e sognante, anche di infantile se vogliamo (come il simpatico coniglio eponimo che non può fare sempre alcune cose, ma solo quando “fa ridere”) ma pur sempre apprezzabile. È un film di culto, e se lo merita!

Una delle scene più famose (e violente!) del film: la scarpetta di cartone animato viene sciolta in "salamoia" dall'inflessibile giudice Morton!

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