venerdì 7 giugno 2013

Max Pezzali - Max 20

Max Pezzali, Max 20 (2013)
Tracklist: 1. Welcome Mr. President – 2. Il presidente di tutto il mondo – 3. I cowboy non mollano – 4. Ragazzo inadeguato – 5. L’universo tranne noi – 6. Tieni il tempo 2013 (feat. Jovanotti) – 7. Lo strano percorso (feat. E. Ramazzotti) – 8. Ti sento vivere (feat. G. Sangiorgi) – 9. Gli anni (feat. C. Cremonini) – 10. Come mai (feat. C. Baglioni) – 11. Sei un mito (feat. Fiorello) – 12. Quello che capita (feat. A. Venditti) – 13. Sei fantastica (feat. Raf) – 14. Come deve andare (feat. D. Van De Sfroos) – 15. Nessun rimpianto (feat. Nek) – 16. Eccoti (feat. F. Renga) – 17. La dura legge del gol (feat. E. Bennato) – 18. Rotta x casa di Dio (feat. G. Grignani) – 19. Nord sud ovest est (feat. Elio) – 20. L’universo tranne noi (Orchestral Version) (solo su iTunes)
Voto: 8



Vent’anni (larghi) di carriera vanno celebrati adeguatamente, e cosa c’è di meglio per farlo se non pubblicare un bell’album di duetti in cui i pezzi più famosi del repertorio vengono ricantati con alcuni “big” della musica italiana? L’idea di Max 20, che segue le orme nel bene e nel male di quanto già fatto l’anno passato in occasione della riedizione dell’album Hanno ucciso l’Uomo Ragno rivisitato dai più famosi rapper italiani, è questa ma, diciamolo subito, questa raccolta in realtà si mette in luce più che altro per la qualità degli inediti in essa presenti (cinque, neanche pochissimi in un contesto come questo).

Si parte con il “dittico” (due brani sullo stesso tema, quasi la prima e la seconda parte di una piccola opera in canzoni) Welcome Mr. President e Il presidente di tutto il mondo. Per l’occasione, Max Pezzali torna a collaborare in sede di scrittura col fidato Mauro Repetto, suo compagno di avventura nei primi due dischi degli 883, e il risultato che ne viene fuori è singolarmente molto lontano dai brani di una volta, visto che – novità non del tutto assoluta ma quasi – ci si trova ad affrontare una tematica a sfondo politico in un racconto vagamente orwelliano che raffigura un ipotetico futuro dove si decide di risolvere i problemi che attanagliano l’umanità scegliendo di far governare il mondo intero da un’unica, all’apparenza eccezionale, persona. Atmosfera svagata ma sottotesto polemico, Pezzali e Repetto criticano le pericolose tentazioni cesariste che, specialmente in periodi di crisi, possono blandire i popoli. I due brani non sono eccezionali ma potrebbero rappresentare gli apripista di una stagione leggermente più engagé della musica di Pezzali.

Engagé però, o comunque del tutto engagé nel senso più austero del termine, probabilmente Max Pezzali non lo sarà mai. La leggerezza, non solo musicale ma anche stilistica, fa parte proprio del suo modo di essere e di concepire la musica. Questo non toglie che nelle pieghe delle sue canzoni si possano trovare, neanche del tutto implicite, tracce di discorsi che di festoso, al di là dell’aspetto scanzonato, non hanno niente. È il caso di I cowboy non mollano, forse l’inedito più interessante del disco. Scritta in forma di fiaba da raccontare al figlio, questa canzone dall’aria un po’ Tex-Mex alla Nord sud ovest est narra splendore e decadenza di un villaggio del vecchio west. L’invito a non mollare mai, proprio come un vero cowboy, è dichiarato sin dal titolo, e non viene attenuato neanche dalla soffusa vena di malinconia che fa capolino soprattutto nel bridge che precede l’accattivante (come sempre) ritornello. Si capisce bene, però, che il far west è solo un’ambientazione per parlare allegoricamente dell’attualità, della crisi economica di oggi, e delle responsabilità degli speculatori, arrivati come un manipolo di profittatori a distruggere, in una “corsa all’oro che però l’oro nessuno ha visto mai”, quanto di buono aveva fatto l’onesto e duro lavoro delle persone semplici “solamente per un futuro per i figli e un po’ di serenità per sé”. Insomma, senza voler mancare di rispetto a Bruce Springsteen, ci troviamo, pur con tutte le differenze del caso e senza abbandonare le atmosfere distese, in una piccola “Youngstown” pezzaliana.

Ancora più ironico, seppur sempre velato di una sottile vena polemica, si staglia Ragazzo inadeguato, una summa dell’amore quasi crepuscolare (un po’ alla Gozzano, verrebbe da dire) di Max Pezzali per le cose semplici e la semplicità. Di fronte ad un mondo sempre più “cool” e affettato, in cui l’apparire conta molto di più dell’essere, Pezzali rivendica non con orgoglio ma con orgogliosa libertà di spirito, il suo essere “inadeguato”: c’è chi se ne sta “al fuoco di un camino con un ballon in mano non come me che ordino una Bud”. Coerente con una linea che va Non me la menare a Tutto ciò che ho, Max Pezzali conferma che la vera genuinità sta nelle cose semplici e nel non prendersi mai troppo sul serio: “anche se sono cresciuto sono rimasto un po’ sfasato [...] però tutto sommato è il mondo che è un po’ complicato”.

Del resto, Max Pezzali è specializzato nell’esprimere con parole semplici concetti semplici, laddove questa semplicità non è un punto di debolezza ma di estrema forza (è sbagliato pensare che le cose semplici siano quelle più facili da perseguire: alle cose semplici, di solito, non arriva mai nessuno). Per questo, le sue canzoni emozionano sempre: sono una legenda dei sentimenti che, senza dover cercare troppo, in cuore abbiamo tutti. L’ultimo inedito della raccolta, il singolo di lancio L’universo tranne noi (la cui versione del videoclip ufficiale è leggermente diversa rispetto a quella sul disco per via della batteria che entra prima), è l’unico a tema sentimentale, ma fa breccia sin da subito: questo brano sta al Max Pezzali solista quanto Come mai stava agli 883.

Il resto del disco, come accennato, è meno significativo. I duetti sono più che altro una sorta di illustre karaoke che non aggiunge quasi nulla di nuovo. La scelta di non riprodurre i pezzi, ma di riusare le vecchie basi originali con qualche sporadica incisione qua e là immagino sia stata dettata da esigenze di budget e tempo, ma impoverisce di molto il lavoro che invece poteva essere ben più accattivante (come fece Zucchero ai tempi di Zu&Co: anche quelli erano vecchi pezzi riproposti in duetti, ma lì le canzoni vennero risuonate da capo, con nuovi arrangiamenti). Sarebbe stato anche interessante, ad esempio, sentire come i Negramaro ed Elio e le storie tese avrebbero reinterpretato i pezzi a loro affidati invece di fare semplicemente cantare alle voci soliste le vecchie versioni. Al di là di questo, non mancano comunque i duetti carini. Edoardo Bennato su La dura legge del gol fa forse il lavoro migliore; Ramazzotti, Venditti, Cremonini e gli altri (chi più chi meno) se la cavano bene; Jovanotti è invece l’unico che si dà più da fare e scrive una parte rap in più (quasi un epigramma d’occasione) su Tieni il tempo, apportando pure qualche modifica alla base (tant’è che la canzone viene presentata come Tieni il tempo 2013).

Concludo con una piccola nota sulla recente intervista in cui Pezzali ha adombrato l’idea di lasciare la musica nel giro di un paio di anni, alla scadenza del contratto che lo lega alla casa discografica. Capisco che dopo vent’anni di carriera si possa sentire il bisogno di una pausa. D’altra parte, però, Pezzali è ormai talmente affermato da avere anche – credo – una buona forza contrattuale: nulla lo obbliga a firmare un contratto per dieci album in dieci anni; firmi un contratto, per dire, da due album in dieci anni e continui con più calma e serenità il proprio lavoro. Questo perché mi pare, anche dagli inediti di questo disco (ma anche Terraferma era un ottimo lavoro), che Pezzali non sia ancora “a fine corsa”, e che abbia ancora cose da dire senza raschiare il fondo del barile. Per cui, Max, un periodo sabbatico di riposo va benissimo, e sarebbe pure meritato, ma non scherziamo con le idee di ritiro: ricòrdati che i cowboy non mollano!


4 commenti:

  1. Ciao bellissima recensione ben scritta xo ci sono due cose su cui non concordo...1 trovo i pezzi con Repetto spettacolari in quanto i due insieme si compensano e l'estrema capacità di Pezzali di scrivere di cose semplici si incontra con l'articolata personalita' di Repetto ke finalmente nn tratta argomenti frivoli ma parla di realta' molto sentite specie dai giovani (questa potrebbe essere la vera evoluzione degli 883)
    Non che Max non valga ma con Repetto danno vita a quella magia ke tanto mancava da troppo tempo.
    Poi x i duetti e' la solita storia se li faceva diversi a qualcuno non piacevano, a me piacciono tutti a dire la verita'
    Questo cd mi ha emozionato come non accadeva da anni

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    1. Ciao Gino!
      Grazie mille per il commento: è normalissimo avere opinioni divergenti, anzi è questo il bello di un blog come questo! E comunque non sono neanche del tutto in disaccordo con te! I due nuovi pezzi Repetto-Pezzali non mi entusiasmano ma ho scritto anch'io che potrebbero essere precursori di una nuova strada più interessante e leggermente più impegnata. I duetti poi non è che li butto via: in alcuni punti mi ricordano più che altro un karaoke vip e resto dell'idea che con una produzione più elaborata e il riarrangiamento dei pezzi la qualità sarebbe stata ben altra (e più alta), però qualcosa (anche se non tutto, almeno secondo me) di interessante c'è comunque!
      Alla prossima e grazie ancora,
      Francesco!

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  2. ottima recensione, forse un pelo prolissa, a mio parere e' giusta la scelta eseguita di usare i brani com'erano e porgerli alle sole voci di nuovi interpreti...anche se questa operazione viene definita impropriamente karaoke, comunque complimenti

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