venerdì 28 settembre 2012

Halldór Laxness - Sotto il ghiacciaio


Halldór Laxness, Sotto il ghiacciaio, Iperborea, Milano, 2011, pagg. 283
Titolo originale: Kristnihald undir Jökli
Anno di prima pubblicazione: 1968
Traduzione di Alessandro Storti
Voto: 8




Ci sono libri – come, giusto per citarne uno di cui si è già parlato, La scopa del sistema di David Foster Wallace, ma si potrebbe citare anche qualcosa di Gadda, per dire – dalla complessità lampante, resa evidente sin dall’impianto formale del testo, fino alla stravaganza della trama passando spesso per una notevole difficoltà di lettura. Ci sono però anche libri dalla complessità latente, testi scritti in una lingua assai scorrevole, dalla trama che ben scorre, che pure riescono comunque a risultare particolarmente ricchi di contenuti e di interpretazioni. A quest’ultima “classe” direi che appartiene l’interessante Sotto il ghiacciaio dell’islandese Halldór Laxness, Premio Nobel nel 1955 (questo testo è del ’68 ed è arrivato in Italia nel 2011: ci ha messo più di quarant’anni ma alla fine, grazie agli sforzi della sempre attenta Iperborea, è uscito anche in traduzione italiana!)

Un giovane piuttosto ingenuo, un po’ un Candido islandese, viene spedito in missione dal vescovo di Reykjavik nel villaggio sotto il ghiacciaio di Snæfell – lo stesso da cui partì la spedizione del Viaggio al centro della terra di Jules Verne – a verificare lo stato della cristianità in quei luoghi: si ha infatti notizia che il pastore locale trascuri di gran carriera i propri uffici, che la chiesa sia sprangata, che un cadavere sia stato sepolto nel ghiacciaio, e che succedano ancora altre cose ben lontane da una pur elastica idea di ortodossia. Il libro – eccezion fatta per un finale visionario dall’interpretazione ancora più complicata – è semplicemente il resoconto che questo giovane Candido fa del viaggio: si ritrova infatti in un mondo stralunato e paradossale, onirico e spirituale, dove succedono cose ben strane, si dicono cose ancora più particolari, non mancano personaggi davvero stravaganti (fin quasi ad una sorta di “consiglio di santoni” davvero caratteristico!) ed in generale un nuovo “culto del ghiacciaio” sembra aver sostituito la confessione cristiana. Tanto per fare un esempio, verso il finale c’è chi dice: “Ma da noi, le regole dell’amore sono imposte o da maschi evirati, o da vecchi impotenti che hanno vissuto nelle grotte mangiando radici. Qualche volta anche da scapoli pervertiti che girano in sottana, e c’è chi dice che sotto portino mutande da donna. Difficilmente una donna rispettabile avrebbe gradito avere al proprio desco uno dei Padri della Chiesa” (pag. 248). È tutto un programma! Per un giovane emissario del vescovo, che pure in certi tratti sembra annaspare pure lui (tant’è che spesso gli viene chiesto se non sia per caso un tipo un po’ troppo sempliciotto), c’è da mettersi le mani nei capelli: i dialoghi dalle riflessioni intrise di filosofia e teologia, che sono il nervo dell’intero romanzo, sono talvolta un vero rompicapo! Pur in questa evidente complessità di interpretazioni, non si pensi però che il romanzo sia un “mattone” illeggibile, al contrario ha uno stile molto leggero ed un’ironia diffusa, tanto che non mancano momenti davvero comici, che lo rendono godibilissimo: l’accostamento col Candido di Voltaire magari è un po’ troppo schematico (i due autori sono lontani in molte cose, a partire dall’epoca in cui hanno scritto) ma rende bene l’idea di un romanzo che, pur affrontando temi molto elevati, non manca di regalare momenti piacevoli al lettore. L’interpretazione, ricordiamolo, è complicata, ma il lettore italiano è aiutato in questo dall’ottima mossa dell’Iperborea, che ha pubblicato in calce al romanzo una postfazione della scrittrice americana Susan Sontag, un’autentica ammiratrice di questo testo: l’analisi della Sontag rende effettivamente tutto molto più chiaro, e consente di godersi al meglio questo ricco lavoro di uno degli scrittori più importanti della letteratura islandese.

Quando ho scoperto che la storia è una favola, e anche brutta, mi sono messo a cercare una favola un po’ migliore, e ho trovato la teologia.
(pag. 87)

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