venerdì 1 giugno 2012

Erlend Loe - Doppler – Vita con l’alce


Erlend Loe, Doppler – Vita con l’alce, Iperborea, Milano, 2007, pagg. 187
Titolo originale: Doppler
Anno di prima pubblicazione: 2004
Traduzione di Cristina Falcinella
Voto: 9




Notissimo in patria, ma ormai abbastanza conosciuto anche all’estero, il talentuoso Erlend Loe (nato a Trondheim nel 1969, autore anche per il cinema di cui si è già parlato per Nord) deve la fama soprattutto al folgorante Naif.Super (uscito in patria nel 1996, molto carino, anche se io preferisco Doppler, pubblicato per la prima volta nel 2004) ed è un autore norvegese al tempo stesso tipico e innovativo. Tipico perché il tema della fuga alla Hamsun – che è appunto un padre della letteratura norvegese, seppur controverso in virtù della sua adesione al nazismo (Processo a Hamsun di Per Olov Enquist è un testo molto interessante a tal proposito) – è molto battuto dagli autori del grande nord; innovativo perché tratta la materia con un’ironia non del tutto consueta tra gli autori suoi connazionali (si pensi a Johan Harstad di cui si è parlato in Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?, romanzo bellissimo ma di certo non esilarante).

Doppler insomma di questo parla, di una fuga hamsuniana dalla società. E non è previsto, come accade spesso, un ritorno alla società al termine della fuga, anzi si tratta sol di un primo passo di una sorta di discreto “piano di sabotaggio” che l’Autore porta avanti in una trilogia di cui il secondo episodio (Volvo) è già stato pubblicato anche in Italia (sempre da Iperborea, che ci si augura dia presto alle stampe anche il terzo atto). Dopo aver battuto la testa cadendo dalla bicicletta, Andreas Doppler matura la convinzione di dover ritirarsi in una tenda in un bosco vicino ad Oslo: lui è sempre stato uno “bravo”, ma essere bravo impone una vita cesellata nelle maglie di una società non certo del tutto sana. Lo scatto di libertà di Doppler – e di Loe – sta nell’intuizione che – almeno in un mondo rigido come quello norvegese – perdere la testa è il primo passo verso la sanità mentale o comunque verso la salvezza dalle costrizioni delle convenzioni. Non siamo lontanissimi dal Cameron di Un giorno questo dolore ti sarà utile, ma cambia il contesto: la Norvegia è la nazione della civiltà, dello stato sociale, del benessere, qual è allora il problema? Il problema è paradossalmente proprio quel benessere che fa dei norvegesi – parola dell’Autore – il popolo più simpatico ed egoista del mondo. E la carta vincente di Loe sta nel suo anticonformismo paradossale, un ribaltamento carnascialesco che tramite un intransigente buon senso smaschera impietosamente tutte le bizzarre consuetudini del vivere civile. Coerente e serrata – anche se senza quel flusso di coscienza che l’Autore aveva adoperato a grandi mani in Tutto sulla Finlandia, il suo lavoro del 2001 – la narrazione di Loe procede con un’ironia impietosa ma esilarante che rende leggeri anche i passi del libro che affrontano temi non banali né semplici. Si costruisce una vicenda di umanità “ai margini” – che sia un auto-esilio o un’esclusione forzata fa poca differenza – che si arricchisce di una galleria di personaggi stravaganti alla Paasilinna che rende il racconto estremamente gustoso.

Certo, a ognuno i propri problemi. In Italia molti di noi pagherebbero per avere i problemi da “iper-civilizzazione” che hanno i norvegesi (visto che noi spesso soffriamo di “ipo-civilizzazione”, è chiaro che tra i due estremi è meglio quello della Norvegia), ma ad ogni modo – e fatti anche drammatici come la strage di Behring Breivik possono confermarlo – anche una vita estremamente inquadrata rischia di diventare una sorta di bomba ad orologeria pronta ad esplodere nella mente di chi la vive. Doppler arriva proprio a quel punto, alla totale assenza di stimoli che rende inutile anche la ricchezza e il benessere, e opta per una soluzione “non-violenta” di riscoperta della vita e di costruzione di un mondo nuovo in cui recuperare se stesso e la propria umanità. E si sceglie la compagnia giusta per farlo: il figlio di quattro anni – Gregus, cui vuole insegnare a NON leggere – e un mansueto cucciolo d’alce. Le rivoluzioni si fanno anche con la tenerezza.

Prima della caduta nel bosco passavo le mie serate in famiglia. Ho sempre aborrito le attività organizzate per il tempo libero. Quindi quasi tutte le sere le passavo in casa. Mangiavamo, guardavamo i programmi per bambini, mettevamo Gregus a nanna e poi ci piazzavamo davanti alla tele sfogliando riviste più o meno stimolanti finché la pendola non ci avvisava che era ora di pagare le fatture su internet. Le fatture non mancavano mai. L’elettricità e le tasse comunali, il telefono, gli abbonamenti ai giornali, l’idraulico e l’asilo, oltre al Tennis Club Nordberg che ci consegnava regolarmente sessantaquattro rotoli di carta igienica direttamente alla porta di casa. Ci piaceva. Quei vecchietti lassù che si tengono attivi con l’organizzazione del Tennis Club. Quando non sono occupati dalla manutenzione o dall’uso diretto del campo, se ne vanno in giro per il vicinato a distribuire rotoli di carta igienica. È una specie di professione per loro. Così si sentono vivi e a noi arriva la carta con cui possiamo pulirci al gabinetto. Ma oggi mi rendo conto, non senza un diabolico sorriso, di aver pagato la mia ultima fattura. Mai e poi mai ne pagherò un’altra. Né via internet, né in nessun altro modo. Vivrò di baratti e di furti e del bosco. E quando non ci sarò più, sarà il bosco a vivere di me. Questo è il patto.
(pag. 82)

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