venerdì 9 marzo 2012

The Artist


The Artist (2011)
Titolo originale: The Artist
Regia: Michel Azanavicius
Con: Jean Dujardin, Bérénice Bejo
5 Premi Oscar 2011 (Miglior film; Miglior regista – Michel Azanavicius; Miglior attore protagonista – Jean Dujardin; Migliori costumi – Mark Bridges; Miglior colonna sonora – Ludovic Bource); Migliore interpretazione maschile (Jean Dujardin) al Festival di Cannes 2011
Voto: 9




Non solo cinque Oscar, ma anche un diluvio di premi raccolti in qua e in là a giro per il mondo dei festival (neanche la giuria di Cannes ha lasciato il film a mani vuote, premiandone l’interpretazione di Dujardin come migliore attore): The Artist, almeno per questo aspetto, è il film dell’anno. E non è certo un “filmone” d’autore concettoso e impegnato, tutt’altro: si tratta di un film leggero e godibile, commediola con blandi risvolti sentimentali e soffusa ironia. Il regista Michel Azanavicius non è certo un pilastro della cinematografia contemporanea, mentre l’attore protagonista, quel Jean Dujardin che ora fatica a tornare dai festival senza qualche premio in mano, prima di questo lavoro era poco conosciuto, e considerato un attore di secondo livello. Com’è stato possibile allora fare con questi ingredienti un capolavoro universalmente riconosciuto?

Credo che il “segreto del successo” di Azanavicius sia aver costruito un film che, per ragioni diverse, risulta irresistibile ai due settori del pubblico che spesso decretano la fortuna del film, e che molto raramente vanno d’accordo: i cinefili impegnati e gli amanti della cinematografia di intrattenimento.

I “cinefili” non possono non adorare l’attenzione filologica di questo film in tutto e per tutto metacinematografico. La storia di George Valentin (interpretato appunto da Dujardin), un attore grande star del cinema muto, letteralmente travolto dall’avvento del sonoro, è raccontata proprio attraverso un film muto, cioè un film che sarebbe potuto essere interpretato dal protagonista di questo film. È un gioco di specchi, una sorta di mise en abyme, di rappresentazione nella rappresentazione, in cui parte integrante del racconto è il modo in cui si racconta. Così come una mise en abyme è l’inizio di The Artist, che rappresenta la premiére di un film di Valentin, un teatro assiepato e un’orchestra che accompagna le immagini proiettate. C’è in questo anche una dichiarazione di intenti del regista, che esplicita a quale tipo di cinematografia intende ispirarsi nel costruire il proprio film, operazione che sottintende chiaramente anche un affettuoso e filologico omaggio a quella scuola di cinema. Tant’è che The Artist, tecnicamente, non è esattamente un muto, visto che – a parte un paio di gustosissime sorprese – è sempre accompagnato da una colonna sonora orchestrale (anch’essa premiata con l’Oscar), come quella che avrebbero potuto sentire gli spettatori a teatro durante la premiére del film di Valentin che apre The Artist.

Tutto questo cinema che parla di cinema, rappresenta il cinema e omaggia il cinema, unito alla scommessa di produrre un film muto nel 2011 ai tempi del blu ray, come detto, non poteva sfuggire ai cinefili e alle giurie specializzate dei festival. Ma The Artist non è solo questo: è anche, come già accennato, un film piacevole e accattivante, in grado di catturare grandi masse di pubblico, avendo cioè un’enorme portata anche commerciale (sia detto senza alcun senso negativo). Questo perché la storia, di per sé godibile, è girata così bene, e pure interpretata così bene (tutti ricordano la performance di Dujardin, ma una menzione alla splendida Bérénice Bejo, davvero superlativa, va fatta), che guardando questo film ci si dimentica ben presto che mancano i dialoghi, e non si percepiscono né noia né difficoltà interpretative. È un po’ come guardare un film sottotitolato: per i primi cinque minuti si è un po’ disorientati, poi, se il film avvince, non ci si rende più nemmeno conto dei sottotitoli e la visione fila via normalmente. Vale altrettanto con l’intrigante muto (ovviamente in bianco e nero, e con altri accorgimenti tecnici impercettibili ma “vintage” come i 22 fotogrammi al secondo invece che i 24 oggi consueti) di The Artist.

Sic transit gloria mundi, sembra ricordarci il film che racconta come una evoluzione tecnologica come l’avvento del sonoro abbia rovinato la carriera di chi, pur celeberrimo col cinema muto, non è stato in grado di mettersi al passo coi tempi (l'eventuale la possibilità di rinascere passa proprio per la capacità di adattarsi alle nuove esigenze, anche se Valentin, nel divertente finale, troverà un modo tutto suo di farlo). Questo film ci ricorda però che, con un lavoro fatto seriamente, si può sempre fare tutto, e riuscirci bene, anche un film muto nel 2011. Magari vincendoci l’Oscar per il miglior film. Non succedeva dai tempi di Aurora di Murnau che un muto vincesse quella statuetta. Era il 1929…

Jean Dujardin e Bérénice Bejo in una scena del film

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