Erlend Loe, Saluti
e baci da Mixing Part, Iperborea, Milano, 2012, pagg. 209
Titolo originale: Stille
dager i Mixing Part
Anno di prima pubblicazione: 2009
Traduzione di Giulano D’Amico
Voto: 7,5
Il
talento narrativo di Erlend Loe, uno degli scrittori norvegesi contemporanei
più interessanti (ne abbiamo già parlato in Doppler e in Nord, anche se il suo
testo più famoso resta Naif.Super), si mette all’opera per un romanzo breve
(forse troppo breve) che in realtà è quasi una pièce teatrale, con tanti
dialoghi e pochissimi interventi (però molto significativi) del narratore
eterodiegetico. Nina e Bror (ma lui vien chiamato da tutti, anche dalla moglie,
con il cognome Telemann) sono una coppia di coniugi norvegesi di mezza età con
figli che passano un turbolento mese di vacanza estiva in Germania. La coppia
ha dei problemi, in particolare Telemann ha dei problemi. La cifra peculiare di
Loe è quella di delineare personaggi per così dire “devianti” rispetto allo
“standard” nordico: se la tipica persona norvegese è, o almeno appare, corretta
e composta, perfettamente inserita nel sistema di valori e nell’etichetta della
propria società, Loe disegna personaggi di rottura, che si ribellano più che
alle regole alla normalità. È un tratto “pirandelliano” tipico della
letteratura norvegese (già Hamsun va talvolta in quella direzione) e fors’anche
dell’arte norvegese (penso a Munch), ma la grande abilità di Loe è il far
convivere tutto questo con una innata predilezione per il comico. Telemann (che
ha qualcosa di simile col personaggio di un altro bel romanzo di Loe, Tutto
sulla Finlandia) è una sorta di personaggio alla Woody Allen in salsa nordica,
un brontolone ossessionato dall’ambizione di scrivere l’opera teatrale più
bella di sempre, ma in realtà veramente interessato all’alcool e alle sinuose
linee di Nigella, una sexy cuoca che lavora per la tv inglese di cui egli è in
segreto follemente innamorato. Tutti questi elementi, combinati con il fatto
che nemmeno la moglie Nina è particolarmente oppressa dal rispetto assoluto dei
vincoli coniugali, dànno vita ad un mese veramente esplosivo. Telemann lambisce
la disperazione e la follia, e alcuni passaggi del libro sarebbero – e tra le
linee lo sono – veramente drammatici, se non fosse per la menzionata capacità
di Loe di rendere tutto divertente, se non esilarante, grazie anche ad
un’innata affinità di questo Autore con il grottesco e il paradossale. Il jolly
di Loe sta in questo: scrivere una divertentissima commedia dell’assurdo che
tra le righe cela messaggi assolutamente drammatici, spia di un malessere che
il finale che risolve e non risolve non può dissolvere. Loe è davvero molto
bravo. Stavolta non si è speso troppo (l’edizione italiana conta più di
duecento pagine grazie ad un’ampia diffusione del bianco, in realtà il libro è
veramente corto), ma è bravo lo stesso.
Senti,
credo che dovremmo vederci, io e te soli, per parlare un po’.
Non è
possibile.
Perché
no?
Sto…
lavorando.
E non
hai neanche un attimo per vedermi?
No.
Sono completamente immerso nel testo, io sono il testo, per così dire, ed è
tutto ciò che so.
Quindi
io non esisto?
In un
certo senso no.
Ma io
invece esisto, Telemann.
Certo,
certo. Ma ci sono diversi livelli. Questo è il teatro. Livello su livello.
Approaching Paddington Station! Paddington! Platform
on the right hand side!
Cos’era?
Cos’era
cosa?
Paddington.
Cosa
c’entra Paddington?
Sei a
Londra?
Figurati
se sono a Londra.
Sei a
Londra!
Le
telefonate costano, Nina.
Cosa ci
fai a Londra?
(pagg. 184-5)
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