The Eye (2002)
Titolo
originale: Gin gwai
Regia:
Oxide Pang Chun, Danny Pang Phat
Con:
Angelica Lee
Voto:
7,5
Mun,
una ragazza cieca sin dall’età di due anni per una malattia agli occhi, si
sottopone ad un trapianto di cornea che le possa restituire la vista.
L’operazione va bene, anzi va pure troppo bene, nel senso che la ragazza non
solo torna a vedere, ma riesce a vedere molto più di quel che dovrebbe, e di
quanto gli altri riescano a fare, come anime di morti e spiriti vari... Da
queste premesse, The Eye poteva
tranquillamente prendere la strada – che fosse una strada maestra o una deriva
non sta a noi dirlo – dell’horror molto splatter che sacrificasse la tenuta
contenutistica del film sull’altare di una tensione alle stelle e di un ritmo
elevatissimo. Invece, l’opera seconda dei gemelli Pang, registi di Hong Kong
reduci dal buon esito di Bangkok
Dangerous, che al contrario di ritmo e di sangue ne aveva fin troppi,
sceglie di non indulgere troppo sugli stilemi dell’horror cruento e
mefistofelico (il sangue, ad esempio, praticamente assente dal film) per
addentrarsi nei cunicoli di una vicenda che è anche e soprattutto dramma umano,
vissuto dalla protagonista Mun – interpretata dall’attrice-cantante di origini
malesi Angelica Lee – nella duplice veste di se stessa ed anche della donatrice
della cornea, la cui vicenda in qualche modo torna a galla proprio dopo il
trapianto, ed anzi sarà il nodo da risolvere affinché la povera Mun possa trovare
un po’ di pace. L’horror visionario si tinge allora delle spaventose
cromaticità di un thriller metafisico...
È
da più di dieci anni che, con alterne fortune, dall’Estremo Oriente arrivano
sul mercato occidentale film horror che ottengono buon successo sia in Europa
che negli Stati Uniti (e anche molti remake, come la versione americana proprio
di The Eye, interpretata da Jessica
Alba e piuttosto bistrattata dalla critica). Un po’ è questione di moda (quando
un filone va, lo si sfrutta), un po’ è questione di gusti (l’horror è un genere
che non tutti gradiscono e spesso, come in questo caso, si trova contaminato da
altre istanze fino a collocarsi su un registro misto), ma un po’ è anche
questione che questi registi orientali tendono a saperci fare, a girare
pellicole che hanno un certo fascino, magari esotico laddove non tecnico. Di questa
temperie, The Eye è un degno
rappresentante, capace di ricevere un ottimo riscontro di pubblico e di
dividere la critica tra chi ha gridato al capolavoro e chi ha sostenuto che si
trattasse di un film sopravvalutato. Come spesso accade, si può sostenere che
la verità stia nel mezzo: The Eye non
sarà una pietra miliare ma di certo non è nemmeno uno scarto da buttare. Non
sempre convince, ma seduce fin quasi a commuovere; non fa fare salti sulla
sedia, ma inquieta regalando scene sì forti ma mai di cattivo gusto, e alla
fine si lascia vedere, complice anche un’indiscutibile maestria calligrafica
dei registi che – sin dai titoli di testa scritti in lettere braille che si
trasformano in alfabeto latino, una finezza che non salta troppo all’occhio (è
proprio il caso di dirlo!) ma è apprezzabile – dimostrano di sapere come girare
le scene, alternando pose “da manuale” ad altre più sperimentali e innovative, senza
comunque mai esagerare. Il fatto poi che la scena più forte del film avvenga
alla fine, proprio quando tutto sembra bello che risolto, credo possa valere un
mezzo punto in più nella valutazione finale!
Angelica Lee in una scena del film
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