Vogliamo vivere (1942)
Titolo originale: To
Be Or Not To Be
Regia:
Ernst Lubitsch
Con:
Carole Lombard, Jack Benny
Voto:
10
Si
può ridere di qualcosa di così serio e drammatico come il nazismo? Certo che si
può, e se ne può proporre più di un esempio, uno dei più celebri dei quali è La vita è bella di Roberto Benigni:
ridere – e far ridere – del nazismo, come di qualsiasi altra entità drammatica,
se fatto con la giusta perizia, non significa svilirlo, sottovalutarlo né
tantomeno mancare di rispetto alle vittime, vuol dire semplicemente proporre
una chiave di lettura alternativa e per certi versi straniante che in qualche modo,
grazie alla grottesca paradossalità da cui essa scaturisce, finisce col metterne
in luce l’aspetto tragico con quasi più forza di quanto non facciano le opere
drammatiche tout court. Il comico
secondo Pirandello era avvertimento del contrario (l’evento straniante da cui
nasce la risate) ma anche sentimento del contrario (la riflessione in base alla
quale ciò che ci ha fatto ridere ha in sé un qualcosa di drammatico che ci fa
anche commuovere), dunque ci siamo. Di per sé, quindi, il fatto che Vogliamo vivere di Ernst Lubitsch
proponga una feroce satira del nazismo – e ne aveva ben donde, visto che era un
regista ebreo nato a Berlino e rifugiato negli Stati Uniti proprio per sfuggire
dalla dittatura hitleriana – non ha niente di negativo, al contrario è una
delle forze principali del film. In qualche modo, però, è proprio questo
elemento ad aver giocato contro il successo del film, e fatto sì che per anni Vogliamo vivere fosse un gioiello
dimenticato, o comunque poco noto al grande pubblico.
Il
problema, come detto, non è quindi la satira antinazista in sé, il problema è
che non si tratta di una satira ex post come quella del film di Benigni, un film
cioè girato “a bocce ferme” dopo la guerra quando Hitler non era più una
minaccia ma soltanto un bruttissimo ricordo. Al contrario, un po’ come Il dottor Stranamore mette alla berlina
la guerra fredda e lo fa in piena guerra fredda, Vogliamo vivere esce nel 1942, in piena seconda guerra mondiale,
quando gli Stati Uniti, pur continuando a proporre una cinematografia di
altissimo livello (il ’42 è l’anno di Casablanca,
tanto per fare un nome), sono sull’orlo del precipizio, prossimi all’angosciante
ingresso sul campo di battaglia. Irridere il nazismo, per quanto fosse chiaro
che in questo non ci fosse assolutamente alcun intento apologetico, venne
considerato troppo audace, quasi sconveniente. Si racconta addirittura che alla
prima del film il padre del protagonista Jack Benny, vedendo il figlio recitare
in uniforme nazista, abbia abbandonato indignato la sala: il film lì per lì,
insomma, non venne proprio del tutto compreso e apprezzato.
Questione
di contesto più che di contesto, di umore più che di contenuto. Il film è anche
l’ultima pellicola nella quale recitò la meravigliosa Carole Lombard, un’autentica
diva del cinema di quegli anni e adorata moglie di Clark Gable: morì poco dopo
le riprese del film, e prima della sua uscita, in un incidente aereo a soli 34
anni, cosa che destò enorme commozione in tutta la nazione, oltre alla
disperazione dell’inconsolabile marito (le cronache ci raccontano che Gable
fosse letteralmente innamorato pazzo di quella moglie così incantevole). E la
sfortunata sciagura non contribuì di certo ad accrescere le fortune del film,
dal quale anzi in sala di montaggio venne espunta in fretta e furia una scena
in cui la stessa Lombard si chiedeva: “Cosa può mai succedere in un viaggio
aereo?”
“Sfortunatamente,
prima dell’uscita del film, Pearl Harbour fu attaccata, la Germania riuscì ad
espandere il proprio potere in Europa e la star del film, Carole Lombard, morì
tragicamente: né la critica né il pubblico si trovarono dunque nell'umore
giusto per ridere di una pellicola che solo molti anni più tardi venne
riconosciuta per quel che è, un capolavoro”. Così Ronald Bergan (nel suo libro The
United Artist Story) sintetizza la situazione: Vogliamo vivere, un po’ per una cifra genetica contenuta nel
proprio stesso dna, un po’ per un contesto gravemente sfortunato, ebbe un’accoglienza
tiepiduccia, è stato a lungo dimenticato, ma poi, una volta riscoperto, venne
rivalutato come un autentico capolavoro.
Capolavoro:
definizione spesso abusata ma, per il film di Lubitsch, a mio parere esatta. Il
coraggio di girare nel 1942 un film che deride il nazismo, e aprirlo con la
riflessione che Hitler interrompe la dieta vegetariana per papparsi di tanto in
tanto qualche nazione d’Europa, non è che la scintilla di partenza, lo spunto
geniale dal quale si origina un film portentoso e modernissimo. È senz’altro
una commedia, e in alcuni tratti veramente spassosa, ma non finisce qui: la
storia di una compagnia teatrale di Varsavia che, dopo l’invasione hitleriana,
si inventa un teatrino per beffare i nazisti batte lungo il film con un ritmo
che non cala mai, ed anzi incalza fino ad assumere i contorni di una spy story
doppiogiochista, in cui i doppi giochi diventano quasi Doppelgänger in una
sottile trama psicologica dall’aspetto vagamente amletico (To Be Or Not To Be, il titolo originale, non va inteso quindi solo
come un richiamo al fatto che la compagnia in questione stava lavorando, prima
dell’invasione, al testo shakesperiano). La ciliegina della torta è data poi
dalla recitazione da vecchia scuola di tutto il cast, del quale non si riesce
proprio a trovare un anello debole.
Detto
questo, è una bella notizia sapere che ieri Vogliamo
vivere è tornato nelle sale italiane in una versione finalmente restaurata.
La monca distribuzione di casa nostra, unita anche all’assenza di un pubblico
di massa che possa farsi sedurre da un film di settanta anni fa sconosciuto ai
più, farà sì che purtroppo saranno in pochi a potersi godere questa meraviglia
sul grande schermo. È un peccato, ma magari questa riedizione farà sì che tra
qualche tempo sarà disponibile anche una versione su dvd che possa rendere
accessibile a tutti questo capolavoro dimenticato. Già, perché anche se Vogliamo vivere è stato nel tempo
rivalutato, ad oggi la versione italiana del dvd è praticamente introvabile e
comunque di qualità scarsa (in Francia, tanto per fare un solo esempio, è
disponibile pure in blu-ray!) Adesso magari questo torto verrà sanato: questo
film lo merita.
Carole Lombard e Jack Benny in una scena del film
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