venerdì 27 maggio 2011

Jonas Jonasson - Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve

Jonas Jonasson, Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, Bompiani, Milano, 2011, pagg. 446
Titolo originale: Hundraåringen som klev ut genom fönstret och fönstret
Anno di prima pubblicazione: 2009
Traduzione di Margherita Podestà Heir
Voto: 8


Si può essere vecchi a trent’anni, o giovani a cento: non conta l’anagrafe, conta l’“età interiore”. Lo dimostra la storia del centenario Allan Karlsson, è lui Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, come dal curioso titolo del romanzo ideato con inventiva e scritto con ironia dallo svedese Jonas Jonasson, epigono della ormai feconda corrente umoristico-leggera della narrativa nordica contemporanea. Già perché – quantunque da dopo il successo di Stieg Larsson la Scandinavia esporti essenzialmente thriller – negli ultimi tempi, sulla scia del successo del finlandese Arto Paasilinna (che Jonasson a pagina 99 cita esplicitamente), molti autori del nord, non solo finlandesi (come Kari Hotakainen) ma anche svedesi (come Mikael Niemi) e norvegesi (come Erlend Loe), si sono cimentati con ottimi esiti nella stesura di romanzi comici. E Jonasson si colloca a pieno titolo nell’alveo di questa tradizione, ricalcando molto da vicino le orme di Paasilinna (per quanto il finlandese sia un po’ più attento ad associare alle sue storie divertenti una buona dose di irriverente satira sociale).

Di fatto, il centenario Allan Karlsson è protagonista di due romanzi in uno, le cui vicende sono raccontate alternativamente: nell’uno sono raccontate le sue incredibili avventure vissute a partire dal giorno del suo centesimo compleanno dopo la fuga dalla casa di cura in cui risiedeva controvoglia; nell’altro viene narrata tutta la sua vita, fatta di storie e incontri ancora più incredibili. C’è come detto, in questo personaggio che si caccia in un mare di guai ma ne esce sempre grazie ad una fenomenale capacità di arrangiarsi, molto Paasilinna, ma anche molto Forrest Gump, visto che Allan si trova spesso a contatto coi principali protagonisti della storia del Novecento, finendo anzi involontariamente con l’esserne egli stesso un protagonista occulto. È comunque un Forrest Gump tutt’altro che stupido, non machiavellico ma ad ogni modo sveglio, capace di cavarsela non con la brama di chi vuol essere protagonista ad ogni costo, ma con la forza di volontà di chi ama troppo la vita per lasciarla senza lottare, e la ama perché sa apprezzarne le piccole cose e semplici che le danno valore, nelle gioie quotidiane fatte di compagnie piacevoli, tavole imbandite e un immancabile bicchierino di acquavite. Tutto questo non è solo comico, ma anche molto nordico.

Filosofia alla Orazio (e non solo perché nunc est bibendum potrebbe essere il motto araldico di Karlsson e dei suoi amici, se solo ne avessero uno) e avventure picaresche si fondono in un romanzo leggero e divertentissimo che sa calamitare il lettore per le sue molte (troppe?) pagine; l’unico difetto è che forse l’opera in sé finisce con l’avere un po’ troppe pretese, e talvolta si appesantisce di digressioni che lo rendono più “americano” (o comunque più conforme ai best-seller “tomoni” che vanno per la maggiore sul mercato internazionale) che scandinavo, con risultati non sempre felicissimi (sospetto in tal senso che sia la mano ingerente di qualche editor scafato che abbia orientato Jonasson a scrivere un romanzo che andasse oltre le intenzioni di partenza). Ma l’impianto in generale funziona alla grande e, editor scafato o meno, l’incredibile numero di copie vendute in Svezia prima e all’estero poi premia l’estro e la creatività di questo simpatico Autore esordiente (nella speranza che non ceda alla tentazione di scrivere un secondo romanzo troppo simile al primo: un tale errore potrebbe “bruciarlo”, e sarebbe un peccato).

Poi esclamò (senza troppa fantasia):
«Mani in alto!»
«Mani in alto?»
Era la cosa più stupida che Allan avesse sentito in casa sua, e subito si mise ad argomentare in merito. Cosa pensava che sarebbe successo, il signore? Che lui, un vecchio di cent’anni, gli avrebbe scagliato contro una mela? O che la pazza là in fondo lo avrebbe ingozzato di fragole belghe?
(pag. 141)

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