venerdì 27 dicembre 2013

Philomena

Philomena (2013)
Titolo originale: Philomena
Regia: Stephen Frears
Con: Judi Dench, Steve Coogan
Voto: 9,5




Secondo alcuni – chissà perché poi? – un film da vedere (e quindi magari anche da recensire) sotto Natale dev’essere per forza una pellicola leggera, una di quelle commedie disimpegnate e magari un po’ becere che in molti predilogono guardare durante le feste natalizie. Dissociandomi da questa concezione un po’ semplicistica dei film di Natale – e fors’anche del Natale stesso, che non è solo una festa consumistica fatta di mangiate e regali ma anche un periodo dedicato alla comunanza con gli altri, e questo non solo per i credenti – propongo invece un film, ancora in programmazione nelle sale, davvero molto triste ma anche altrettanto bello come Philomena, diretto da Stephen Frears (regista dalla lunga filmografia alle spalle in cui spicca tra gli altri The Queen) e interpretato da una monumentale Judi Dench.

Cinquant’anni dopo aver partorito in convento un bambino sottrattole dalle suore e ceduto ad una famiglia adottiva, una donna si decide a rivelare l’esistenza di quel “figlio del peccato” e mettersi sulle sue tracce. La aiuterà in questo un giornalista giunto ad un momento difficile della propria carriera il quale, pur essendo dapprincipio poco interessato all’argomento, finirà con l’appassionarsene al massimo grado. La storia è assolutamente vera – anche i nomi dei protagonisti sono reali, a partire da quel Martin Sixsmith dal cui libro il film è tratto – e metterà i due di fronte ad una realtà dura ed assai difficile da accettare.


La storia è molto forte e strappa più di una lacrima: l’innegabile talento di Frears sta però nel girare in modo molto asciutto, tenendosi il più alla larga possibile dalla retorica e dalle pose melense (anzi, non mancano le scene che con un tocco di humour inglese alleggeriscono la portata emotiva del racconto) e lasciando che sia la storia, e non il modo di raccontarla, a turbare la coscienza dello spettatore. Perché poi di questo si tratta: di turbamento. Infatti il film, inutile negarlo, turba: sapere che solo mezzo secolo fa c’erano suore che, con la scusa dell’espiazione del “peccato” di donne a loro dire “lascive”, ne vendevano i figli a famiglie facoltose non può che turbare. In questo, non si può negare un aspetto “politico” della vicenda, un indice puntato nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche che si sono macchiate di queste colpe tremende. Frears comunque non si abbandona mai alla polemica, ed anzi ci mostra la salda fede della protagonista, in grado anche di perdonare chi ha commesso nei suoi confronti questa imperdonabile atrocità. Tutto sommato, infatti, al di là che una giusta cassa di risonanza a questo scandalo era giusto darla ed è stata data, è l’aspetto morale quello che conta: il viaggio sottoporrà i due protagonisti ad una prova emotivamente devastante, e solo con un forte sistema di valori entrambi saranno in grado di rispondere senza violenza alla violenza, ed è sotto questa prospettiva che gli steccati creatisi tra la protagonista credente e il giornalista ateo vengono meno, nella convergenza di un’etica che va oltre la religione e la fede.

Judi Dench e Steve Coogan in una scena del film

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