Una
notte da leoni (2009)
Titolo
originale: The Hangover
Regia: Todd Phillips
Con: Bradley Cooper, Zach Galifianakis, Ed Helms
1 Golden Globe 2010 al miglior film commedia o musicale
Voto:
7,5
Se
il cinema non è solo arte e cultura, ma anche industria e mercato, l’esistenza
di un mercato di blockbuster costituito di pellicole per lo più “pop” non può e
non deve scandalizzare, a patto che ovviamente l’industria cinematografica
sappia gestire saggiamente la propria produzione, cercando da un lato di non
limitarsi esclusivamente a film commerciali dagli incassi elevati ma dai
contenuti esili, da un lato di provare a fare buoni lavori anche durante la
realizzazione di lavori “per il grande pubblico”. A proposito di quest’ultima
istanza, possiamo citare come campione esemplare Una notte da leoni, prodotto americano per eccellenza, commedia che
non va mai troppo per il sottile, ma che pure rivela una cura produttiva,
specialmente (ma non solo) in fase di scrittura, che, se per un verso poteva
anche esser degna di un lavoro con ambizioni maggiori, d’altra parte nobilita
senz’altro questo film.
Quattro
amici a Las Vegas festeggiano l’addio al celibato di uno di loro, e chiaramente
ne succedono di tutti i colori, anzi di più: fin qui è tutto molto standard,
sin dalla scelta dei personaggi (ognuno a rappresentare un “tipo”, dal bravo
ragazzo frenato che nasconde un insospettabile temperamento spericolato al
grassoccio fuori di testa imprevedibile e un po’ tarato) fino agli episodi, tra
l’etilico e il boccaccesco, di cui sono protagonisti. Come abbiamo visto però
parlando la settimana passata del caleidoscopico romanzo di Jonathan Coe La casa del sonno, le storie non basta raccontarle, è importante
anche decidere come raccontarle. Il
punto di forza di Una notte da leoni
sta allora per lo più in una mirabile ellissi cui assistiamo quando il film è
iniziato da poco: la notte brava dei quattro ragazzi a Las Vegas non viene
raccontata “in diretta”, bensì viene letteralmente saltata dalla narrazione,
con uno stacco che, dal brindisi con cui i quattro iniziano la serata, porta
direttamente alla mattina successiva. Cos’è successo nel mezzo? Qui sta il
bello: qualcosa dev’essere successo, e di molto strano, se è vero che, tra
l’altro, uno dei ragazzi ha un dente in meno, nel bagno della suite
dell’albergo in cui alloggiano c’è una tigre e, soprattutto, non si trova più
il promesso sposo; tuttavia nessuno dei ragazzi ricorda nulla della notte
appena trascorsa…
Questo
espediente per così dire anacronico dà profondità e mordente al film, perché esso
non è più la storia – da poco, se vogliamo – di una notte appunto da leoni di
quattro giovani borghesi americani, ma è la ricostruzione ex post della vicenda
da parte dei tre ragazzi che, nella lotta contro il tempo per ritrovare lo
sposo prima che si debba rinviare il matrimonio, devono ad ogni costo
recuperare la memoria di quel che è successo nottetempo. Una vera e propria quête per ritrovare ciò che si è stati:
si potrebbe pensare a qualche intento “alto” (la riscoperta della memoria come
condizione imprescindibile dell’auto-comprensione dell’io, in un percorso che
dallo sbandamento di una notte fuori di testa porta alla ricomposizione di un
rassicurante status quo insito nel
ripristino dell’ordine borghese suggellato dal matrimonio finale), ma forse non
ne vale la pena, visto che probabilmente è solo un ottimo stratagemma
strutturale per arricchire il film, sganciarlo dai canoni della commedia tutta
cliché e ragazze scollacciate – senza comunque rinnegarli – per avvicinarlo ad ambienti
quasi da thriller (qualche critico ha parlato di questo film come di un “thriller
demenziale” e mi pare un’ottima definizione). Al di là di questo, comunque, il
film per il resto fila via bene, non mancano momenti un po’ sopra le righe ma
s’è visto di peggio, non avrà grandi contenuti ma il suo intento di far ridere
lo raggiunge in pieno senza attingere troppo dal serbatoio delle volgarità disgustose
della commediaccia americana, è girato e recitato piuttosto bene (c’è pure uno
spiritoso cameo di Mike Tyson nella parte di se stesso!), e in generale non gli
manca il ritmo, ha il tempo giusto che gli consente di reggersi in piedi senza
tentennamenti dall’inizio alla fine. Niente di clamoroso, ma più che dignitoso
per il genere che rappresenta. Come dicevo all’inizio: niente contro i film
“commerciali”, basta che non siano una scusa per fare film brutti; quando un
film “commerciale” è comunque un buon film, ne è quindi consigliabile la
visione, per regalarsi senza problemi un’ora e mezzo di spensieratezza e risate.
Un inedito Mike Tyson appare nella parte di se stesso in una divertente scena del film
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