Dave Eggers,
Erano solo ragazzi in cammino – Autobiografia di Valentino Achak Deng, Mondadori,
Milano, 207, pagg. 595
Titolo
originale: What is the What
Anno di prima pubblicazione: 2006
Traduzione di Giuseppe Strazzeri
Voto: 9
Di
fronte all’ennesima strage di migranti inghiottiti un po’ dai flutti del Mar
Mediterraneo ed un po’ da una politica italiana ed europea che non è mai stata
in grado di fornire veramente risposte ad un fenomeno che non può essere né
ignorato né arginato, le riflessioni da affrontare sono assai complesse e non
riassumibili su un semplice blog di recensioni. Tra le varie cose su cui
fermare il pensiero, andrebbe considerato un fattore che sta a monte di tutto:
perché migliaia di persone ogni anno sfidano la sorte per un rischiosissimo
viaggio pur di abbandonare le proprie terre e approdare nel cosiddetto
Occidente civilizzato?
La
risposta a questa domanda è in realtà, nella sua drammatica semplicità, molto
facile da dare, purtroppo: le condizioni nei paesi da cui questi migranti
partono sono disperate. Spesso restare laggiù significa firmare la propria
condanna a morte. Non è facile da capire, perfino un razzista – che per il solo
fatto di essere razzista dimostra di non avere grande intelligenza – dovrebbe
capirlo. In quei paesi si muore, come oggi si muore in Siria ieri si moriva in
Sudan, e così via.
Per
entrare nel merito della questione, vale la pena cercare sui banchi delle
librerie qualche testo che racconti in prima persona le vicende di questi
uomini sciagurati, “colpevoli” solo di aver pescato un biglietto sfortunato
nella lotteria della vita ed essere nati nel posto sbagliato. Io propongo il
bellissimo Erano solo ragazzi in cammino, del giovane (classe 1970) ma
talentuoso e già piuttosto famoso scrittore americano Dave Eggers.
Eggers
ha raccolto la testimonianza di Valentino Achak Deng e l’ha stesa, in prima
persona, in questa autobiografia che potremmo definire apocrifa ma autorizzata.
Valentino è un profugo del Sudan immigrato negli Stati Uniti dopo aver vissuto
un’infanzia e un’adolescenza marchiate dall’orribile marchio della guerra. Nell’analizzare
questo libro, allora, non possiamo che cominciare da ciò che più salta agli
occhi, vale a dire il contenuto: la storia raccontata in queste pagine è
innanzitutto la storia di un dramma reale, di una terra in cui a danno dell’umanità
si sono perpetrati orrori difficilmente immaginabili e oltretutto poco noti
alle nostre latitudini. Vale la pena soffermarsi su questo: la storia di
Valentino è immagine della storia del Sudan, e la storia del Sudan è riflesso
della storia della razza umana e delle atrocità che essa è in grado di attuare.
La
commendevole operazione di Eggers, comunque, non finisce qui: non si tratta
soltanto di un’opera di informazione né di semplice storiografia. Erano solo ragazzi in cammino, come
precisato nell’introduzione di Deng, è un romanzo: con questa definizione si
vuole non solo semplicemente alludere al fatto che vi siano anche contenuti di
fantasia (tutti altamente verosimili, e, del resto, chi ha studiato il genere
autobiografico sa bene che, sin dalle Confessioni
di Rousseau, un’autobiografia che dica sempre e solo la verità non è mai
esistita), ma anche al fatto che il modo di esporre la storia è schiettamente
narrativo.
In
questo senso, il lavoro di Eggers è davvero pregevole anche dal punto di vista
letterario, sia per la cesellatura dello stile, sempre estremamente chiaro ed
esatto, sia per gli incastri dei vari episodi all’interno della trama; in
particolare, la struttura di alternanza cronologica degli eventi fa in modo che
la parte successiva al trasferimento di Valentino negli Stati Uniti –
sicuramente meno coinvolgente della prima parte in Africa – sia distribuita
lungo il racconto e non tutta in fondo, ad ingolfare il finale; in questo modo,
il romanzo è appassionante dalla prima all’ultima pagina, e le scene d’avventura
e i momenti di riflessione sono alternati con pregevole equilibrio.
Ecco
così un testo bellissimo, sconcertante e commovente: il lettore resta incollato
a queste pagine intensissime, piange per la sorte di Valentino e degli altri
profughi e si infuria al pensiero che tutto ciò che è narrato è una storia
vera. “Tu non capisci”, pensa Valentino
quando in America qualcuno lo tratta con ostilità e disprezzo, “non aggiungeresti altra sofferenza alla mia
vita se sapessi che cosa ho visto”: niente è meglio di un libro ben scritto
per sensibilizzare su argomenti così scottanti, e di certo nell’ottima opera di
Eggers-Deng è contenuto anche un vibrante messaggio morale in difesa dell’uomo
e della sua dignità al di là di ogni etnia e di ogni colore della pelle (alla
faccia dei superficiali cafoni che plaudono alla presunta superiorità della
nostra “razza” ignorando che gli uomini della Terra non sono che di una razza,
quella umana).
Chi
volesse saperne di più su Valentino Achak Deng, e magari donare qualcosa alla
sua fondazione, può visitare il sito www.valentinoachakdeng.com (dove si parla
diffusamente anche di questo romanzo, menzionato ovviamente col titolo
originale, What is the What)
«Avete
mai sentito l’espressione “svuotare uno stagno per prendere il pesce”? Stanno
asciugando lo stagno in cui i ribelli possono nascere o trovare sostegno.
Stanno devastando la terra dei Dinka per evitare che dalla nostra terra possano
venire altre ribellioni. E quando arrivano, i murahaleen disperdono la gente e dopo che la
popolazione se n’è andata, che i Dinka come noi non ci sono più, si
trasferiscono nelle nostre terre da cui ce ne siamo andati. E vincono su molti
piani. Hanno il nostro bestiame, hanno la nostra terra, hanno la nostra gente
che bada al bestiame che ci hanno rubato. E il nostro mondo è totalmente
rovesciato. Noi peregriniamo per il paese, lontano dai nostri luoghi natali,
dalle nostre terre e dai nostri ospedali. Khartum vuole rovinare la terra dei
Dinka e renderla inabitabile. Dopo di che avremo bisogno di loro per restaurare
l’ordine, e avremo bisogno di loro per qualunque cosa».
(Pag. 154)
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