Ritorno
al futuro (1985)
Titolo originale: Back
to the Future
Regia:
Robert Zemeckis
Con: Michael J. Fox, Christopher Lloyd
1 Premio Oscar 1986 –
Miglior montaggio sonoro
Voto:
9,5
Ultimamente,
mi va di parlare di film cult degli anni Ottanta che, probabilmente anche per
ragioni anagrafiche, sono anche dei miei “personal cult”. Dopo aver parlato di Chi ha incastrato Roger Rabbit, è
arrivato il momento di parlare di Ritorno
al futuro. Questi due (o e meglio dire quattro?) film hanno tra l’altro un
elemento, e non secondario, in comune: il regista, un Robert Zemeckis che stava
passando evidentemente un periodo di particolare grazia (Roger Rabbit venne dopo il primo Ritorno al futuro e precedette i due successivi capitoli della
saga, inizialmente concepita come un film unico e poi ampliata fino a diventare
una trilogia, il cui terzo episodio è uscito nel 1990). E più ancora di Roger Rabbit i tre Ritorno al futuro – indistintamente, perché mai come in questo caso
i sequel non perdono potenza rispetto al primo episodio – non solo hanno avuto
un clamoroso successo immediato, ma anche riescono a conservare i loro fan nel
corso del tempo, tant’è che è proprio in questi giorni che il secondo episodio
è stato riproposto nei cinema dopo che qualche tempo fa il primo Ritorno al futuro era risbarcato nelle
sale riottenendo un buon successo. Visto che parlare della trama di film così
famosi ha poco senso (la conoscerete tutti), vale la pena chiedersi come mai
questi tre film abbiano avuto così successo e se questo successo possa dirsi
meritato.
Rispondendo
subito alla seconda domanda, io direi di sì, assolutamente sì, il successo di
Ritorno al futuro e dei due successivi capitoli è senz’altro meritato. Capire
quale sia il “segreto” di questo successo è forse un po’ più complicato, e
probabilmente non c’è una risposta sola, ma tanti piccoli aspetti, tutti riusciti
alla perfezione, a determinare lo stato di grazia che pervade queste pellicole.
Certo, non di capolavoro assoluto si tratta, ma questo non era nemmeno nelle
intenzioni degli Autori, che certo non cercavano un nuovo Quarto Potere ma un onesto film di cassetta in grado di piacere
alla gente. Altrettanto certamente, va detto che i Ritorno al futuro saranno sì blockbuster ma hanno una qualità
innegabilmente straordinaria.
L’esattezza
quasi puntigliosa della trama (ci sono dei paradossi logici clamorosi, è vero,
soprattutto nel secondo capitolo, ma il tutto è portato avanti con sufficienti
chiarezza e convinzione affinché lo spettatore ne resti così ipnotizzato da non
fare caso ad alcune inesattezza) è sicuramente un punto forte della produzione
della trilogia, unita all’innegabile fascino che da sempre – si pensi a L’uomo che visse nel futuro, un più che
onesto antesignano – i viaggi nel tempo esercitano sul mondo della letteratura
e su quello del cinema. Nello specifico, il primo Ritorno al futuro consente al giovane diciassettenne Marty di
andare negli anni Cinquanta a conoscere i propri genitori quando erano loro ad
avere diciassette anni, e ad accorgersi di quanto siano diversi da quanto ad
essi stessi piace raccontare (in particolare la madre si rivelerà assai meno
bacchettona di quanto essa stessa dica in età più matura!); nel secondo si va
per l’appunto nel futuro (2015: ci siamo quasi e le macchine non volano
ancora!) per poi ritornare nel ’55, addirittura sulle scene del primo film; nel
terzo episodio, tocca invece al buon vecchio western.
Soggetto
perfetto e sceneggiatura impeccabile regalano quindi alla trilogia un fascino
ineludibile ed un ritmo piacevolissimo: i film si lasciano vedere tutti d’un
fiato. L’“elemento umano” però recita un ruolo altrettanto importante: Zemeckis
ha una mano perfetta per dirigere film di questo genere, e non sta a noi
stabilire se è molto bravo nel tirare fuori il meglio dai propri attori o se ha
avuto fortuna nel trovarli all’apice dello stato di forma (magari sono entrambe
le cose insieme), fatto sta che il duo Michael J. Fox-Christopher Lloyd fa
faville per tutti e tre i film, in cui entrambi gli interpreti sembrano nati
per i ruoli che vengono loro cuciti addosso, con un Lloyd perfetto nel ruolo
dello scienziato eccentrico (di lui Zemeckis non farà a meno nemmeno in Roger Rabbit) ed un Michael J. Fox mai
più visto ad un livello così impeccabile di forma (anche se questo è colpa
della malattia che lo ha costretto al ritiro prematuro dalle scene: non
possiamo sapere se senza di quella magari sarebbe riuscito a girare altri film a
questo rango).
Il
resto, un po’ come in Roger Rabbit, è
dato probabilmente anche dalla felice contaminazione di generi, contaminazione
anche formale che qua non coinvolge le interazioni tra umani e cartoni come in Roger Rabbit ma tra i piani del tempo e
del racconto, con altre trovate tecniche (come la “co-recitazione” di più
Michael J. Fox in diversi ruoli che vediamo nei capitoli secondo e terzo)
altrettanto valide. I Ritorno al futuro
sono etichettabili come film di fantascienza solo ad un livello superficiale d’analisi,
giacché il viaggio nel tempo è sicuramente fantascientifico ma è solo il motore
che dà il via ad una serie di eventi che di fantascientifico non hanno nulla.
Hanno molto del film d’azione, ma mai quasi mai imparentato col thriller ma
piuttosto con le commedie brillanti, senza tralasciare aspetti sentimentali e
abbozzi di riflessione (invero molto abbozzati) su tematiche un po’ più serie
come il ruolo del destino nelle nostre vite (il “presente alternativo” del
secondo episodio è il momento più cupo dei tre capitoli e presenta una
messinscena orwelliana molto interessante). Tutti questi motivi hanno fatto sì
che la saga sia ancora oggi una delle più amate dal pubblico di tutto il mondo.
Christopher Lloyd e Micheal J. Fox
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