venerdì 10 giugno 2011

Paco Ignacio Taibo II - Ritornano le Tigri della Malesia

Paco Ignacio Taibo II, Ritornano le Tigri della Malesia, Tropea, Milano, 2011, pagg. 351
Titolo originale: El Retorno de Los Tigres de la Malasía
Anno di prima pubblicazione: 2010
Traduzione di Pino Cacucci
Voto: 7,5



Una cosa simile – definiamolo un sequel dichiaratamente apocrifo di un grande classico della letteratura – l’aveva fatta già qualche anno fa lo svedese Björn Larsson allorché, col suo Long John Silver, aveva sublimemente dato un seguito a L’isola del tesoro di Stevenson. A Larsson era andata pure meglio che a Paco Ignacio Taibo II: ma Larsson s’era preso un sacco di libertà, a partire dal cambio di narratore. Quel che sorprende invece di questo Ritornano le tigri della Malesia – sequel della saga salgariana di Sandokan stesa da Taibo II (scrittore spagnolo del '49 che però risiede in Messico dal '58) – è la fedeltà filologica al modello: l’Autore si è imbevuto di romanzi di Salgari (ha dichiarato di averne letti 64!), e questo si avverte da come è riuscito a rendere il tono tardo-ottocentesco da romanzo d’appendice di evasione avventurosa. Gran parte del merito sta dunque nella grandezza dell’originale, quel Salgari mai abbastanza celebrato la cui lettura allieta l’adolescenza ma non fa male neanche in età più adulta. Onore comunque a Taibo II, che celebra il maestro ad un secolo esatto dal suo suicidio, omaggiandolo con un testo per un verso rispettoso della tradizione e del canone, per un verso ammodernato quel tanto che basta per togliersi qualche sfizio (come l’apparizione sulla scena di Kipling, che tanto ricorda la presenza di Defoe nel testo di Larsson): ci sono molti momenti ironici, il linguaggio è talvolta più scurrile dell’originale, e c’è pure, con la giusta moderazione, un po’ di sesso, totalmente assente dal modello salgariano. Non parodia, comunque, bensì omaggio fedele ma non pedante: Salgari era più rigoroso nel gestire la trama, Taibo II a volte tira un po’ via, interessato più che alla storia (comunque avvincente) a ciò che le sta intorno. Ne risulta una lettura assai divertente. In fondo, cosa c’è di meglio per omaggiare un grande che scrivere un seguito apocrifo assai piacevole?

Sebbene le due Tigri rifiutassero di ammetterlo, quelle due settimane erano state massacranti. Sia Sandokan che Yanez si avvicinavano ormai ai sessant’anni, e considerate la vita avventurosa, le tante cicatrici accumulate nel corpo e nello spirito, e la scarsa longevità dei pirati a quelle latitudini, agli occhi di un osservatore non coinvolto la loro poteva essere definita un’età avanzata. Ma a tale osservatore conveniva non fare alcun commento al riguardo in presenza di quei due.
(pag. 76)

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