venerdì 22 marzo 2013

Patrick Dennis - Zia Mame


Patrick Dennis, Zia Mame, Adelphi, Milano, 2011, pagg. 380
Titolo originale: Auntie Mame – An Irriverent Escapade
Anno di prima pubblicazione: 1955
Traduzione di Matteo Codignola
Voto: 8,5




Tra i vari meriti da attribuire ad una casa editrice prestigiosa e celebrata come l’Adelphi c’è sicuramente quello di andare a recuperare dal dimenticatoio autori che in ben pochi conoscono – o ricordano – ma che dimostrano di meritare ben più di una distratta attenzione. Un esempio è Alexander Lernet-Holenia, fenomeno mitteleuropeo di inizio Novecento di cui ci è capitato di parlare in occasione della recensione del suo Ero Jack Mortimer. Un caso forse ancora più eclatante è quello di Patrick Dennis, di cui Zia Mame non è che il primo titolo che la casa editrice milanese ha dato alle stampe (aggiungiamo subito che questa edizione è dotata di una splendida postfazione di Matteo Codignola che ha il merito di inquadrare con brio e precisione la stravagante figura e le interessanti opere dell’Autore di questo romanzo). Patrick Dennis in realtà è lo pseudonimo dell’Autore di Zia Mame, ma è anche il nome del protagonista (con narrazione in prima persona) del romanzo stesso: Zia Mame è un libro americano che da inizio 1955 a fine ’56 restò per quasi due anni al numero uno nelle classifiche di vendita negli Stati Uniti. Fu insomma un vero e proprio fenomeno editoriale le cui ragioni sono tutt’altro che inspiegabili: si tratta di un romanzo effervescente ed eccentrico, tanto regolare nella struttura a capitoli connessi tra loro ma fortemente autonomi, quasi come se fossero dei racconti indipendenti ma interlacciati (ed in effetti si racconta che la prima stesura del libro fosse proprio una raccolta di racconti correlati tra loro solo dal fatto che i personaggi protagonisti fossero sempre gli stessi) quanto anticonformista nel contenuto.

All’età di dieci anni Patrick, giovane rampollo di una famiglia alto-borghese americana, resta orfano, e viene affidato all’unica parente che gli è rimasta, la zia Mame appunto, una signora newyorkese decisamente benestante, colta e altolocata, ma anche moderna e stravagante, progressista e svitata se non addirittura scandalosa in alcuni comportamenti all’epoca (solo all’epoca) considerati troppo fuori dalle righe. Il narratore è Patrick, e il punto di vista interno è il suo, ma la protagonista del romanzo, l’eroina eponima del testo, è sicuramente zia Mame, al seguito della quale il buon Patrick ne vivrà di tutti i colori. Dai dieci ai trent’anni – questo è più o meno l’arco temporale coperto dai capitoli del romanzo – Patrick grazie alla zia vivrà un tourbillon di episodi particolari, raccontati nel libro in una serie di tableaux tutti divertenti (alcuni sono un po’ più “in minore”, ma altri sono veramente forti: i capitoli quarto e ottavo, per esempio, sono proprio irresistibili), dominati da questo personaggio femminile forte ed ironico, dotato di una fortissima carica di emancipazione e indipendenza. Se, al di là del gusto del raccontare, volessimo trovare in Zia Mame un intento tematico, più che ad un ritratto dell’alta borghesia spazzata via dalla grande crisi del ’29 ma che in un modo o nell’altra trova il modo di arrangiarsi e rialzarsi (tema sì presente ma non così determinante da definire il romanzo; qualcosa di simile, anche se è ambientato nel secolo precedente, è presente nel film L’orgoglio degli Amberson di Orson Welles, lì però l’aristocrazia terriera che domina ad inizio film viene irrimediabilmente travolta dall’ascesa dell’imprenditoria industriale e non trova il modo di rinverdire i vecchi fasti), si potrebbe pensare alla volontà di delineare con questo personaggio femminile così fortemente carismatico un messaggio improntato ad un femminismo non sterile né di facciata, ma sinceramente convinto che le donne sapranno – sanno – ottenere i diritti che spettano loro non perché saranno convincenti nell’implorarli, ma semplicemente perché saranno in grado di prenderseli da sé.

Non tralasciamo di dire, nel chiudere, che lo stile di Dennis è leggiadro ma assai curato, la narrazione è ritmata e accattivante, ed in generale il romanzo si lascia leggere assai piacevolmente. Ottima scoperta, lettura leggera ma al tempo stesso interessante.

Tornò al testamento. «Dunque, qui tuo padre mi raccomanda di iscriverti a una scuola tradizionale. Ti pareva. Di’ un po’, quella scuola di cui parlavi prima, Latin vattelapesca, era “tradizionale”?»
«Non capisco».
«Oh, insomma, era noiosa? Faticosa? Pallosa? Antiquata?».
«Antiquata di sicuro».
«Tipico di tuo padre» sospirò Zia Mame. «Be’, per fortuna conosco una scuola nuova assolutamente divina. La sta aprendo un mio amico. È impostata su basi assolutamente paritetiche, sai. Una vera rivoluzione. Si va a lezione nudi, e la classe è piena di lampade ultraviolette. Entro il primo semestre ti sradicano tutte le inibizioni. Per forza, il mio amico è perfettamente au courant di tutto quel che accade a Vienna. Se solo gli nomini quella vecchia befana della Montessori gli piglia una crisi isterica. Lui punta soprattutto sulle arti non oggettive, l’euritmica e i gruppi a tema. Niente libri o roba del genere, per carità. Dio, come mi piacerebbe mandartici. Darebbe un bello scossone alla tua libido».
(pagg. 34-5)

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