venerdì 25 ottobre 2013

Ritorno al futuro

Ritorno al futuro (1985)
Titolo originale: Back to the Future
Regia: Robert Zemeckis
Con: Michael J. Fox, Christopher Lloyd
1 Premio Oscar 1986 – Miglior montaggio sonoro
Voto: 9,5



Ultimamente, mi va di parlare di film cult degli anni Ottanta che, probabilmente anche per ragioni anagrafiche, sono anche dei miei “personal cult”. Dopo aver parlato di Chi ha incastrato Roger Rabbit, è arrivato il momento di parlare di Ritorno al futuro. Questi due (o e meglio dire quattro?) film hanno tra l’altro un elemento, e non secondario, in comune: il regista, un Robert Zemeckis che stava passando evidentemente un periodo di particolare grazia (Roger Rabbit venne dopo il primo Ritorno al futuro e precedette i due successivi capitoli della saga, inizialmente concepita come un film unico e poi ampliata fino a diventare una trilogia, il cui terzo episodio è uscito nel 1990). E più ancora di Roger Rabbit i tre Ritorno al futuro – indistintamente, perché mai come in questo caso i sequel non perdono potenza rispetto al primo episodio – non solo hanno avuto un clamoroso successo immediato, ma anche riescono a conservare i loro fan nel corso del tempo, tant’è che è proprio in questi giorni che il secondo episodio è stato riproposto nei cinema dopo che qualche tempo fa il primo Ritorno al futuro era risbarcato nelle sale riottenendo un buon successo. Visto che parlare della trama di film così famosi ha poco senso (la conoscerete tutti), vale la pena chiedersi come mai questi tre film abbiano avuto così successo e se questo successo possa dirsi meritato.

Rispondendo subito alla seconda domanda, io direi di sì, assolutamente sì, il successo di Ritorno al futuro e dei due successivi capitoli è senz’altro meritato. Capire quale sia il “segreto” di questo successo è forse un po’ più complicato, e probabilmente non c’è una risposta sola, ma tanti piccoli aspetti, tutti riusciti alla perfezione, a determinare lo stato di grazia che pervade queste pellicole. Certo, non di capolavoro assoluto si tratta, ma questo non era nemmeno nelle intenzioni degli Autori, che certo non cercavano un nuovo Quarto Potere ma un onesto film di cassetta in grado di piacere alla gente. Altrettanto certamente, va detto che i Ritorno al futuro saranno sì blockbuster ma hanno una qualità innegabilmente straordinaria.

L’esattezza quasi puntigliosa della trama (ci sono dei paradossi logici clamorosi, è vero, soprattutto nel secondo capitolo, ma il tutto è portato avanti con sufficienti chiarezza e convinzione affinché lo spettatore ne resti così ipnotizzato da non fare caso ad alcune inesattezza) è sicuramente un punto forte della produzione della trilogia, unita all’innegabile fascino che da sempre – si pensi a L’uomo che visse nel futuro, un più che onesto antesignano – i viaggi nel tempo esercitano sul mondo della letteratura e su quello del cinema. Nello specifico, il primo Ritorno al futuro consente al giovane diciassettenne Marty di andare negli anni Cinquanta a conoscere i propri genitori quando erano loro ad avere diciassette anni, e ad accorgersi di quanto siano diversi da quanto ad essi stessi piace raccontare (in particolare la madre si rivelerà assai meno bacchettona di quanto essa stessa dica in età più matura!); nel secondo si va per l’appunto nel futuro (2015: ci siamo quasi e le macchine non volano ancora!) per poi ritornare nel ’55, addirittura sulle scene del primo film; nel terzo episodio, tocca invece al buon vecchio western.

Soggetto perfetto e sceneggiatura impeccabile regalano quindi alla trilogia un fascino ineludibile ed un ritmo piacevolissimo: i film si lasciano vedere tutti d’un fiato. L’“elemento umano” però recita un ruolo altrettanto importante: Zemeckis ha una mano perfetta per dirigere film di questo genere, e non sta a noi stabilire se è molto bravo nel tirare fuori il meglio dai propri attori o se ha avuto fortuna nel trovarli all’apice dello stato di forma (magari sono entrambe le cose insieme), fatto sta che il duo Michael J. Fox-Christopher Lloyd fa faville per tutti e tre i film, in cui entrambi gli interpreti sembrano nati per i ruoli che vengono loro cuciti addosso, con un Lloyd perfetto nel ruolo dello scienziato eccentrico (di lui Zemeckis non farà a meno nemmeno in Roger Rabbit) ed un Michael J. Fox mai più visto ad un livello così impeccabile di forma (anche se questo è colpa della malattia che lo ha costretto al ritiro prematuro dalle scene: non possiamo sapere se senza di quella magari sarebbe riuscito a girare altri film a questo rango).


Il resto, un po’ come in Roger Rabbit, è dato probabilmente anche dalla felice contaminazione di generi, contaminazione anche formale che qua non coinvolge le interazioni tra umani e cartoni come in Roger Rabbit ma tra i piani del tempo e del racconto, con altre trovate tecniche (come la “co-recitazione” di più Michael J. Fox in diversi ruoli che vediamo nei capitoli secondo e terzo) altrettanto valide. I Ritorno al futuro sono etichettabili come film di fantascienza solo ad un livello superficiale d’analisi, giacché il viaggio nel tempo è sicuramente fantascientifico ma è solo il motore che dà il via ad una serie di eventi che di fantascientifico non hanno nulla. Hanno molto del film d’azione, ma mai quasi mai imparentato col thriller ma piuttosto con le commedie brillanti, senza tralasciare aspetti sentimentali e abbozzi di riflessione (invero molto abbozzati) su tematiche un po’ più serie come il ruolo del destino nelle nostre vite (il “presente alternativo” del secondo episodio è il momento più cupo dei tre capitoli e presenta una messinscena orwelliana molto interessante). Tutti questi motivi hanno fatto sì che la saga sia ancora oggi una delle più amate dal pubblico di tutto il mondo.

Christopher Lloyd e Micheal J. Fox

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