venerdì 1 novembre 2013

Francesco De Gregori - Sulla strada

Francesco De Gregori, Sulla strada (2012)
Tracklist: 1. Sulla strada – 2. Passo d’uomo – 3. Belle Époque – 4. Omero al Cantagiro – 5. Showtime – 6. La Guerra – 7. Guarda che non sono io – 8. Ragazza del ’95 – 9. Falso movimento
Voto: 8,5



Anche a essere cattivi e voler addebitare a Francesco De Gregori i difetti più disparati, di certo non gli si può imputare di non essere un artista a cui non piaccia “sporcarsi le mani” scendendo Sulla strada e incontrare il mondo. E tutto questo non solo a livello strettamente artistico, nel senso cioè dell’intellettuale che invece di starsene arroccato nella torre eburnea della propria arte affronta la vita e la quotidianità nel suo stesso percorso creativo, ma anche a livello strettamente professionale, nel senso di un cantautore che non si tira mai indietro quando c’è da fare un tour, ed è sempre pronto ad imbracciare la chitarra, suonare con la propria band negli spazi più disparati – dai teatri ai club, dalle piazze ai palasport – e, oltretutto – grandissimo pregio che troppo spesso gli viene attribuito come un difetto – a proporre molto spesso arrangiamenti nuovi ed interessanti al proprio repertorio.

On the road, appunto: sulla strada. Stare sulla strada significa anche raccogliere un po’ di quello che si trova, come la tracce di asfalto e di terra che restano sui pneumatici della macchina su cui si è viaggiato. Sabbia, polvere, limatura, sassolini: tutto questo, a poco a poco, “entra in circolo”, si fa spazio nella dimensione non solo esistenziale ma anche creativa dell’artista, e ne riesce sotto forma di poesia-canzone. (È con un piccolo dispetto che parlo di “poesia-canzone”: so bene che De Gregori sostiene che i suoi testi non siano mai poesia, e che anzi tende ad arrabbiarsi a chi gli dice così, ma io su questo aspetto non sono per niente d’accordo con lui!) Ed ecco quindi De Gregori che, Sulla strada, si presenta in un aspetto leggermente diverso rispetto agli ultimi suoi lavori.

Intendiamoci, De Gregori non è mai stato banale nemmeno negli album meno riusciti; nei lavori immediatamente precedenti a questo, uscito nel 2012, si avvertiva però un po’ di stanchezza, un po’ di fiacchezza creativa che rendeva non indimenticabili alcune delle canzoni presentate. Con Sulla strada, invece, il livello ritorna a salire notevolmente, e si torna sul tenore dei lavori di dieci anni fa, ed anche prima.

Par di avvertire più che altro una maggiore serenità tale da consentire al “De Gregori uomo” di farsi più spazio: in un artista che – seppur con le debite e celeberrime eccezioni, a partire da Rimmel – ha sempre avuto poca confidenza con l’autobiografismo, si nota senz’altro un più forte desiderio di parlare di sé di certo senza ostentazione ma nemmeno senza nascondersi dietro le pur belle metafore allegoriche cui ci ha abituato da sempre. Notevole in tal senso la delicatissima chiusura affidata a Falso movimento, che racconta quasi con tenerezza le bellissime sensazioni di un uomo che, ormai non più giovane, si trova a cenare su un ristorante in riva al mare con una graditissima presenza femminile. Non ci è dato sapere se si tratti di una nuova fiamma, magari giovane, o della compagna di sempre, e non è questo il punto: il punto è che ci sono situazioni e sensazioni che col passare del tempo si teme che possano svanire e poi, invece, quasi all’improvviso, tornano a farsi vive e presenti proprio come un tempo. L’io narrante prende nota e racconta, e si “arrende” di fronte alla bellezza beffarda e sorprendente della vita, non si tira più indietro, non si nasconde, anzi si apre con spontaneità: “Tu che mi guardi negli occhi, io che non so dove guardarti, stasera sono un libro aperto, mi puoi leggere fino a tardi”.

La sincerità può anche essere dura da raccontare, quasi spiacevole seppure velata di un divertente sarcasmo: è il caso di Guarda che non sono io, in cui l’artista rivendica il suo essere un uomo qualunque, e in quanto tale di aver diritto a vivere la propria esistenza in tranquillità, senza essere scocciato dagli ammiratori. Questione di punti di vista, si dirà: quello di De Gregori è chiaro; ci racconta di come, tornando a casa con le borse della spesa piene di roba, una seguace lo ferma e gli chiede qualcosa di chissà quale vecchia canzone. “Gli dico scusami però non so di cosa stai parlando [...] se credi di conoscermi, non è un problema mio”...


Il “povero cuore” protagonista della struggente Passo d’uomo sembra insomma segnare in profondità quest’album sorprendentemente sincero e vivo. De Gregori lavora molto pure coi suoni e i timbri musicali, spaziando dal rock sincero della title-track Sulla strada fino alle melodie delicate di Showtime. La Guerra mescola un attacco rockeggiante con un ritornello quasi da canzone popolare, in una sorta di versione aggiornata e toccante di Generale. Ragazza del ’95 conserva l’ottica autobiografica dell’impianto dell’album ma ne ribalta la prospettiva: stavolta protagonista non è l’io narrante, che si limita ad osservare dal suo punto di vista una giovane ragazza, realizzando di non riuscire a capirla quasi per niente, augurandole comunque ogni bene ma soffermandosi anche a ricordarle che il futuro che la aspetta non è solo un diritto, qualcosa che deve arrivare per forza come lo si vuole, ma anche un dovere, qualcosa che insomma va costruito con i propri meriti. Quello che non dice la canzone è che, sebbene tra l’ormai anzianotto De Gregori ed una giovane diciottenne ci sia una distanza abissale, la musica del Principe è ancora così attuale che non è da escludere che la giovane ragazza abbia nel proprio iPod qualche sua canzone...

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