venerdì 8 novembre 2013

Flann O’Brien - Una pinta d’inchiostro irlandese

Flann O’Brien, Una pinta d’inchiostro irlandese, Bompiani, Milano, 2001, pagg. 292
Titolo originale: At Swim-Two-Birds
Anno di prima pubblicazione: 1939
Traduzione di J. Rodolfo Wilcock
Voto: 9,5



Come spesso ci capita su questo blog, abbandoniamo i sentieri della letteratura più famosa e inerpichiamoci lungo la via che ci porta ad uno scrittore poco noto, ma non per questo sconosciuto, specialmente tra gli “addetti ai lavori”, e, soprattutto, non per questo poco interessante, anzi. Sto parlando dell’irlandese Flann O’Brien (nome d’arte di Brian O’Nolan). Nel 1939, a soli 29 anni, in una terra che ha dato i natali a tantissimo scrittori di livello mondiale (da Joyce in giù), O’Brien si toglie lo sfizio di inventarsi un romanzo che in realtà non è solo un romanzo, ma una sorta di scatola di sogni, uno specchio magico dove il romanzo si fa teoria (e pratica) del romanzo (e della letteratura) assumendo però le vesti di un eclettismo spassoso e geniale: Una pinta d’inchiostro irlandese.

Se non avete ancora letto questo libro, forse ne avrete sentito parlare perché – un po’ come La zia Julia e lo scribacchino di Vargas Llosa – è spesso citato come ispiratore del Calvino di Se una notte di inverno un viaggiatore. L’accostamento, in effetti, è senz’altro corretto. Tuttavia va aggiunto che, al confronto di O’Brien, Calvino è ordinato e organico, quasi schematico nella sua struttura di racconto tutto sommato ben definita. O’Brien invece si lascia andare: racconta di un io narrante che scrive un romanzo in cui ci sono varie vicende che si intrecciano, e questo succede soprattutto perché tra i personaggi c’è pure uno scrittore, Trellis, che, nella sua opera, crea gli altri personaggi. Lo spunto geniale di partenza sta qua: il romanzo non solo vive su più livelli, ma oltretutto i livelli non sono separati, anzi si uniscono, per cui i personaggi creati da Trellis vivono sul suo stesso piano di realtà e, lamentandosi per la vita che il loro Autore li costringe a fare, si vendicano scrivendo a loro un romanzo il cui protagonista è lo stesso Trellis al quale, ça va sans dire, non fanno fare una bella fine...

Si culmina in un processo finale in cui i personaggi condannano il loro Autore: eccoci di fronte a un simbolo chiave di un testo dove grossi problemi metaletterari, come il rapporto tra letteratura e realtà e quello tra autore e personaggi, e molti altri, sono affrontati con una disinvoltura e una leggerezza irresistibili. Il divertimento si propaga di volta in volta come in uno spettacolo pirotecnico. Si tratta alla fine di un omaggio, parodico quanto vivo, alla letteratura in generale, in cui la commistione di generi è all’ordine del giorno, con “cortocircuiti” – come l’incontro tra il bardo gaelico e il poeta operaio – che garantiscono grandi risate. Questo di O’Brien è un lavoro eccelso, serio ma non serioso, anzi divertente: complicato e leggero allo stesso tempo, come i migliori virtuosismi sanno essere. E questo romanzo a scatole è senz’altro un virtuosismo, narrativo e linguistico.

PAUL SHANAHAN, un altro personaggio assunto da Trellis per fargli eseguire nella vicenda diversi piccoli compiti senza importanza, nonché portare messaggi, eccetera. Ha luogo in seguito un lungo dialogo tra Peggy e Furriskey, sul bordo della strada, nel corso del quale la ragazza gli spiega che i poteri di Trellis rimangono in sospeso quando lo scrittore di addormenta, e che Finn e Shanahan si erano giovati appunto di questo fatto, quando erano andati a trovarla, perché non oserebbero mai sfidarlo quando è sveglio.

(pag. 81)

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