Halldór
Laxness, Sotto il ghiacciaio, Iperborea, Milano, 2011, pagg. 283
Titolo originale: Kristnihald
undir Jökli
Anno di prima pubblicazione: 1968
Traduzione di Alessandro Storti
Voto: 8
Ci sono
libri – come, giusto per citarne uno di cui si è già parlato, La scopa del sistema di David Foster
Wallace, ma si potrebbe citare anche qualcosa di Gadda, per dire – dalla complessità
lampante, resa evidente sin dall’impianto formale del testo, fino alla
stravaganza della trama passando spesso per una notevole difficoltà di lettura.
Ci sono però anche libri dalla complessità latente, testi scritti in una lingua
assai scorrevole, dalla trama che ben scorre, che pure riescono comunque a
risultare particolarmente ricchi di contenuti e di interpretazioni. A quest’ultima
“classe” direi che appartiene l’interessante Sotto il ghiacciaio dell’islandese Halldór Laxness, Premio Nobel
nel 1955 (questo testo è del ’68 ed è arrivato in Italia nel 2011: ci ha messo
più di quarant’anni ma alla fine, grazie agli sforzi della sempre attenta
Iperborea, è uscito anche in traduzione italiana!)
Un giovane
piuttosto ingenuo, un po’ un Candido islandese, viene spedito in missione dal
vescovo di Reykjavik nel villaggio sotto il ghiacciaio di Snæfell – lo stesso
da cui partì la spedizione del Viaggio al
centro della terra di Jules Verne – a verificare lo stato della cristianità
in quei luoghi: si ha infatti notizia che il pastore locale trascuri di gran
carriera i propri uffici, che la chiesa sia sprangata, che un cadavere sia
stato sepolto nel ghiacciaio, e che succedano ancora altre cose ben lontane da
una pur elastica idea di ortodossia. Il libro – eccezion fatta per un finale
visionario dall’interpretazione ancora più complicata – è semplicemente il
resoconto che questo giovane Candido fa del viaggio: si ritrova infatti in un
mondo stralunato e paradossale, onirico e spirituale, dove succedono cose ben
strane, si dicono cose ancora più particolari, non mancano personaggi davvero
stravaganti (fin quasi ad una sorta di “consiglio di santoni” davvero
caratteristico!) ed in generale un nuovo “culto del ghiacciaio” sembra aver
sostituito la confessione cristiana. Tanto per fare un esempio, verso il finale
c’è chi dice: “Ma da noi, le regole dell’amore
sono imposte o da maschi evirati, o da vecchi impotenti che hanno vissuto nelle
grotte mangiando radici. Qualche volta anche da scapoli pervertiti che girano
in sottana, e c’è chi dice che sotto portino mutande da donna. Difficilmente
una donna rispettabile avrebbe gradito avere al proprio desco uno dei Padri
della Chiesa” (pag. 248). È tutto un programma! Per un giovane emissario
del vescovo, che pure in certi tratti sembra annaspare pure lui (tant’è che
spesso gli viene chiesto se non sia per caso un tipo un po’ troppo
sempliciotto), c’è da mettersi le mani nei capelli: i dialoghi dalle
riflessioni intrise di filosofia e teologia, che sono il nervo dell’intero
romanzo, sono talvolta un vero rompicapo! Pur in questa evidente complessità di
interpretazioni, non si pensi però che il romanzo sia un “mattone” illeggibile,
al contrario ha uno stile molto leggero ed un’ironia diffusa, tanto che non
mancano momenti davvero comici, che lo rendono godibilissimo: l’accostamento
col Candido di Voltaire magari è un
po’ troppo schematico (i due autori sono lontani in molte cose, a partire dall’epoca
in cui hanno scritto) ma rende bene l’idea di un romanzo che, pur affrontando
temi molto elevati, non manca di regalare momenti piacevoli al lettore. L’interpretazione,
ricordiamolo, è complicata, ma il lettore italiano è aiutato in questo dall’ottima
mossa dell’Iperborea, che ha pubblicato in calce al romanzo una postfazione
della scrittrice americana Susan Sontag, un’autentica ammiratrice di questo
testo: l’analisi della Sontag rende effettivamente tutto molto più chiaro, e
consente di godersi al meglio questo ricco lavoro di uno degli scrittori più
importanti della letteratura islandese.
Quando ho
scoperto che la storia è una favola, e anche brutta, mi sono messo a cercare
una favola un po’ migliore, e ho trovato la teologia.
(pag. 87)
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