Franco Battiato, Apriti Sesamo (2012)
Tracklist:
1. Un irresistibile richiamo – 2. Testamento – 3. Quand’ero giovane – 4. Eri
con me – 5. Passacaglia – 6. La polvere del branco – 7. Caliti junku – 8.
Aurora – 9. Il serpente – 10. Apriti Sesamo
Voto:
9,5
Alla
batteria Gavin Harrison (che non sarà il G. Harrison più famoso della storia
della musica, ma è comunque un ottimo musicista rock, turnista di rango nonché
membro di Porcupine Tree e King Crimson), alle chitarre Simon Tong (un ex Verve
con alcune importanti collaborazioni alle spalle come quelle coi Blur e coi
Gorillaz), al basso Faso (celebrato membro di Elio e le Storie Tese). Cos’è,
una di quelle nuove “megaband” che si fanno ogni tanto per un disco di
beneficenza o per una tournée di successo? No, sono i musicisti reclutati da
Franco Battiato per suonare, insieme ad altri usuali collaboratori, in questo
ultimo lavoro dell’artista catanese, Apriti
Sesamo. Nomi così altisonanti non sono un vacuo specchio per allodole al
fine di nascondere dietro grandi musicisti brani di poco spessore come talvolta
purtroppo si fa. No, è proprio il contrario: i grandi musicisti sono stati
chiamati proprio perché il livello qualitativo del materiale registrato fosse
all’altezza dell’altissimo livello compositivo dei brani di quest’album.
Battiato
non si discute, però ritengo che negli album più recenti non ci siano solo
capolavori: qualche passaggio un po’ meno riuscito, come alcuni brani di Il vuoto, c’era. Con Apriti Sesamo si torna invece a livelli
sublimi per tutti i dieci brani del disco: direi che era almeno da Ferro battuto (album del 2001 un po’
sottovalutato ma che io apprezzo molto), o forse addirittura dagli apici
compositivi degli anni ’90 (come Gommalacca,
del 1998) che Battiato non dava alle stampe un disco così compatto e profondo,
al tempo stesso estremamente orecchiabile e concettualmente solido. E,
francamente, è veramente bello quando un artista di tal rango, ad un’età ormai
non più verdissima, non si accontenta solo di riciclare vecchie alchimie ma si
rimette in gioco per dare il meglio di sé, unendo l’esperienza accumulata in
anni di carriera con un’inventiva quanto mai florida. Ecco, Apriti Sesamo è un album in cui Battiato,
col fidato Manlio Sgalambro a fargli compagnia nella stesura dei testi, fa
tesoro di quanto imparato in passato e lo unisce con un soffio di inaspettata
freschezza, e il risultato è commendevole. La ricetta di partenza è comunque
collaudata: un impasto musicale sospeso tra rock e arrangiamenti classici con
una spolverata di elettronica sostiene testi come al solito molto profondi. Ma
c’è anche del nuovo. La vera novità è forse anche il brano più riuscito del
disco, Quand’ero giovane, brano in
cui Battiato si concede un “vizio” cui quasi mai si era lasciato andare, ossia
l’autobiografismo. Probabilmente, molti brani di Battiato partono, come capita
un po’ con tutti gli artisti, da spunti autobiografici, ma il cantante catanese
è solitamente molto etereo e soffuso, per cui la vicenda autobiografica è poi
diluita con riflessioni generali. Quand’ero
giovane invece vede Franco abbandonarsi ad un’inedita dimensione narrativa,
al racconto schietto, incantato ma neanche troppo nostalgico, di flash della
sua giovinezza. Non si parla di infanzia, ma degli anni della gavetta musicale
in Lombardia: in questa canzone breve ma bellissima, Battiato fa rivivere il
mondo di quegli anni, in un ricordo sospeso tra la malinconia del tempo passato
e la serenità di una vecchiaia matura che nulla ha da rimpiangere: “Viva la gioventù che fortunatamente passa /
senza troppi problemi”, dice il ritornello con un enjambement notevole.
Il
senso del tempo che passa o anzi è passato aleggia in molti brani di questo
disco, il più significativo dei quali in tal senso è, già dall’esplicito
titolo, Testamento. C’è molta meno
ironia di quanta ce ne fosse nell’omonimo brano di Fabrizio De André (ma in
quel caso si trattava di un pezzo giovanile, non senile come in Battiato) ma la
medesima serenità, l’imperturbabile pace di chi ha una vita positiva alle
spalle ed è pronto a vivere il tempo che gli resta con la medesima tranquillità
che possiede solo chi sa di avere la coscienza pulita. Atmosfere eteree e identica
serenità di fronte all’ineludibilità del destino anche nel placido Un irresistibile richiamo, canzone
quasi programmatica che apre il disco. Passacaglia,
scelto anche come primo singolo, viaggia sulla medesima lunghezza d’onda.
L’impegno
socio-filosofico – nel senso di una lettura dell’attualità anche politica
espressa però in concetti più filosoficamente generali – fa parte del dna di
Battiato e non manca nemmeno qua, in brani disincantati e intensi come La polvere del branco (“Ci sentiamo liberi ma siamo schiavi [...]
millions of shadows walking into nothingness”), Caliti junku e l’allegorico Il
serpente, che punta il dito contro la tentazione che strangola le “città d’occidente”, il denaro.
Da
occidente a oriente, quasi come il titolo di una delle primissime canzoni di Battiato
(in Le corde di Aries, 1973), c’è
spazio anche per una grande passione di Battiato, ultimamente lasciata un po’
ai margini ma qua ben presente: l’amore per la cultura e il mondo arabi. Aurora e la title-track Apriti Sesamo ci trascinano sia come
testo che come atmosfere musicali in oriente, in piena Mille e una notte, e sono due brani, specialmente il primo che è
una delle vette del, veramente accattivanti ed evocativi.
Insomma,
si tratta di un lavoro pienamente riuscito e felice, che aggiunge nuove perle
allo sterminato repertorio di Battiato che di gemme è già pienissimo.
Complimenti a Battiato, che ha già detto e fatto molte belle cose ma che, evidentemente
e per fortuna, non le ha esaurite, così come non ha esaurito la voglia né di
dirle né di farle: grandissimo!
bravo, condivido molte delle cose che scrivi
RispondiEliminaGavin Harrison , non è un musicista Rock, è uno dei batteristi più grandi che ci sono in circolazione. Ha suonato anche in L'Imboscata, Caffè della Paix, l'ombra della luce e gommalacca.
RispondiElimina