Max Pezzali, Max 20 (2013)
Tracklist:
1. Welcome Mr. President – 2. Il presidente di tutto il mondo – 3. I cowboy non
mollano – 4. Ragazzo inadeguato – 5. L’universo tranne noi – 6. Tieni il tempo
2013 (feat. Jovanotti) – 7. Lo strano
percorso (feat. E. Ramazzotti) – 8.
Ti sento vivere (feat. G. Sangiorgi) –
9. Gli anni (feat. C. Cremonini) –
10. Come mai (feat. C. Baglioni) –
11. Sei un mito (feat. Fiorello) –
12. Quello che capita (feat. A. Venditti)
– 13. Sei fantastica (feat. Raf) –
14. Come deve andare (feat. D. Van De
Sfroos) – 15. Nessun rimpianto (feat.
Nek) – 16. Eccoti (feat. F. Renga)
– 17. La dura legge del gol (feat. E.
Bennato) – 18. Rotta x casa di Dio (feat.
G. Grignani) – 19. Nord sud ovest est (feat.
Elio) – 20. L’universo tranne noi (Orchestral
Version) (solo su iTunes)
Voto:
8
Vent’anni
(larghi) di carriera vanno celebrati adeguatamente, e cosa c’è di meglio per
farlo se non pubblicare un bell’album di duetti in cui i pezzi più famosi del
repertorio vengono ricantati con alcuni “big” della musica italiana? L’idea di Max 20, che segue le orme nel bene e nel
male di quanto già fatto l’anno passato in occasione della riedizione dell’album
Hanno ucciso l’Uomo Ragno rivisitato
dai più famosi rapper italiani, è questa ma, diciamolo subito, questa raccolta
in realtà si mette in luce più che altro per la qualità degli inediti in essa
presenti (cinque, neanche pochissimi in un contesto come questo).
Si
parte con il “dittico” (due brani sullo stesso tema, quasi la prima e la
seconda parte di una piccola opera in canzoni) Welcome Mr. President e Il
presidente di tutto il mondo. Per l’occasione, Max Pezzali torna a
collaborare in sede di scrittura col fidato Mauro Repetto, suo compagno di
avventura nei primi due dischi degli 883, e il risultato che ne viene fuori è
singolarmente molto lontano dai brani di una volta, visto che – novità non del
tutto assoluta ma quasi – ci si trova ad affrontare una tematica a sfondo
politico in un racconto vagamente orwelliano che raffigura un ipotetico futuro
dove si decide di risolvere i problemi che attanagliano l’umanità scegliendo di
far governare il mondo intero da un’unica, all’apparenza eccezionale, persona.
Atmosfera svagata ma sottotesto polemico, Pezzali e Repetto criticano le
pericolose tentazioni cesariste che, specialmente in periodi di crisi, possono
blandire i popoli. I due brani non sono eccezionali ma potrebbero rappresentare
gli apripista di una stagione leggermente più engagé della musica di Pezzali.
Engagé però, o comunque del
tutto engagé nel senso più austero
del termine, probabilmente Max Pezzali non lo sarà mai. La leggerezza, non solo
musicale ma anche stilistica, fa parte proprio del suo modo di essere e di
concepire la musica. Questo non toglie che nelle pieghe delle sue canzoni si
possano trovare, neanche del tutto implicite, tracce di discorsi che di
festoso, al di là dell’aspetto scanzonato, non hanno niente. È il caso di I cowboy non mollano, forse l’inedito
più interessante del disco. Scritta in forma di fiaba da raccontare al figlio,
questa canzone dall’aria un po’ Tex-Mex alla Nord sud ovest est narra splendore e decadenza di un villaggio del
vecchio west. L’invito a non mollare mai, proprio come un vero cowboy, è dichiarato
sin dal titolo, e non viene attenuato neanche dalla soffusa vena di malinconia
che fa capolino soprattutto nel bridge che precede l’accattivante (come sempre)
ritornello. Si capisce bene, però, che il far west è solo un’ambientazione per
parlare allegoricamente dell’attualità, della crisi economica di oggi, e delle
responsabilità degli speculatori, arrivati come un manipolo di profittatori a
distruggere, in una “corsa all’oro che
però l’oro nessuno ha visto mai”, quanto di buono aveva fatto l’onesto e
duro lavoro delle persone semplici “solamente
per un futuro per i figli e un po’ di serenità per sé”. Insomma, senza
voler mancare di rispetto a Bruce Springsteen, ci troviamo, pur con tutte le
differenze del caso e senza abbandonare le atmosfere distese, in una piccola “Youngstown”
pezzaliana.
Ancora
più ironico, seppur sempre velato di una sottile vena polemica, si staglia Ragazzo inadeguato, una summa dell’amore
quasi crepuscolare (un po’ alla Gozzano, verrebbe da dire) di Max Pezzali per
le cose semplici e la semplicità. Di fronte ad un mondo sempre più “cool” e
affettato, in cui l’apparire conta molto di più dell’essere, Pezzali rivendica
non con orgoglio ma con orgogliosa libertà di spirito, il suo essere “inadeguato”:
c’è chi se ne sta “al fuoco di un camino
con un ballon in mano non come me che ordino una Bud”. Coerente con una
linea che va Non me la menare a Tutto ciò che ho, Max Pezzali conferma
che la vera genuinità sta nelle cose semplici e nel non prendersi mai troppo
sul serio: “anche se sono cresciuto sono
rimasto un po’ sfasato [...] però tutto sommato è il mondo che è un po’
complicato”.
Del
resto, Max Pezzali è specializzato nell’esprimere con parole semplici concetti
semplici, laddove questa semplicità non è un punto di debolezza ma di estrema
forza (è sbagliato pensare che le cose semplici siano quelle più facili da
perseguire: alle cose semplici, di solito, non arriva mai nessuno). Per questo,
le sue canzoni emozionano sempre: sono una legenda dei sentimenti che, senza
dover cercare troppo, in cuore abbiamo tutti. L’ultimo inedito della raccolta,
il singolo di lancio L’universo tranne
noi (la cui versione del videoclip ufficiale è leggermente diversa rispetto a quella sul disco per via della batteria che entra prima), è l’unico a tema sentimentale, ma fa breccia sin da subito: questo
brano sta al Max Pezzali solista quanto Come
mai stava agli 883.
Il
resto del disco, come accennato, è meno significativo. I duetti sono più che
altro una sorta di illustre karaoke che non aggiunge quasi nulla di nuovo. La
scelta di non riprodurre i pezzi, ma di riusare le vecchie basi originali con
qualche sporadica incisione qua e là immagino sia stata dettata da esigenze di
budget e tempo, ma impoverisce di molto il lavoro che invece poteva essere ben
più accattivante (come fece Zucchero ai tempi di Zu&Co: anche quelli erano vecchi pezzi riproposti in duetti, ma
lì le canzoni vennero risuonate da capo, con nuovi arrangiamenti). Sarebbe
stato anche interessante, ad esempio, sentire come i Negramaro ed Elio e le
storie tese avrebbero reinterpretato i pezzi a loro affidati invece di fare
semplicemente cantare alle voci soliste le vecchie versioni. Al di là di
questo, non mancano comunque i duetti carini. Edoardo Bennato su La dura legge del gol fa forse il
lavoro migliore; Ramazzotti, Venditti, Cremonini e gli altri (chi più chi meno)
se la cavano bene; Jovanotti è invece l’unico che si dà più da fare e scrive
una parte rap in più (quasi un epigramma d’occasione) su Tieni il tempo, apportando pure qualche modifica alla base (tant’è
che la canzone viene presentata come Tieni
il tempo 2013).
Concludo
con una piccola nota sulla recente intervista in cui Pezzali ha adombrato l’idea
di lasciare la musica nel giro di un paio di anni, alla scadenza del contratto
che lo lega alla casa discografica. Capisco che dopo vent’anni di carriera si
possa sentire il bisogno di una pausa. D’altra parte, però, Pezzali è ormai
talmente affermato da avere anche – credo – una buona forza contrattuale: nulla
lo obbliga a firmare un contratto per dieci album in dieci anni; firmi un contratto,
per dire, da due album in dieci anni e continui con più calma e serenità il
proprio lavoro. Questo perché mi pare, anche dagli inediti di questo disco (ma
anche Terraferma era un ottimo
lavoro), che Pezzali non sia ancora “a fine corsa”, e che abbia ancora cose da
dire senza raschiare il fondo del barile. Per cui, Max, un periodo sabbatico di
riposo va benissimo, e sarebbe pure meritato, ma non scherziamo con le idee di
ritiro: ricòrdati che i cowboy non mollano!
Ciao bellissima recensione ben scritta xo ci sono due cose su cui non concordo...1 trovo i pezzi con Repetto spettacolari in quanto i due insieme si compensano e l'estrema capacità di Pezzali di scrivere di cose semplici si incontra con l'articolata personalita' di Repetto ke finalmente nn tratta argomenti frivoli ma parla di realta' molto sentite specie dai giovani (questa potrebbe essere la vera evoluzione degli 883)
RispondiEliminaNon che Max non valga ma con Repetto danno vita a quella magia ke tanto mancava da troppo tempo.
Poi x i duetti e' la solita storia se li faceva diversi a qualcuno non piacevano, a me piacciono tutti a dire la verita'
Questo cd mi ha emozionato come non accadeva da anni
Ciao Gino!
EliminaGrazie mille per il commento: è normalissimo avere opinioni divergenti, anzi è questo il bello di un blog come questo! E comunque non sono neanche del tutto in disaccordo con te! I due nuovi pezzi Repetto-Pezzali non mi entusiasmano ma ho scritto anch'io che potrebbero essere precursori di una nuova strada più interessante e leggermente più impegnata. I duetti poi non è che li butto via: in alcuni punti mi ricordano più che altro un karaoke vip e resto dell'idea che con una produzione più elaborata e il riarrangiamento dei pezzi la qualità sarebbe stata ben altra (e più alta), però qualcosa (anche se non tutto, almeno secondo me) di interessante c'è comunque!
Alla prossima e grazie ancora,
Francesco!
ottima recensione, forse un pelo prolissa, a mio parere e' giusta la scelta eseguita di usare i brani com'erano e porgerli alle sole voci di nuovi interpreti...anche se questa operazione viene definita impropriamente karaoke, comunque complimenti
RispondiEliminaGrazie!
Elimina