Ligabue, Mondovisione (2013)
Tracklist:
1. Il muro del suono – 2. Siamo chi siamo – 3. Il volume delle tue bugie – 4. La
neve se ne frega – 5. Il sale della terra – 6. Capo Spartivento – 7. Tu sei lei
– 8. Nati per vivere (adesso e qui) – 8. La terra trema, amore mio – 9. Per
sempre – 10. Ciò che rimane di noi – 11. Il suono, il brutto e il cattivo – 12.
Con la scusa del rock’n’roll – 13. Sono sempre i sogni a dare forma al mondo
Voto:
9
Tre
anni fa, nel 2010, con Arrivederci,
mostro! (di cui prima o poi varrà la pena parlare) Ligabue tornò a proporre
un album della pregevole fattura dei lavori più vecchi dopo un periodo all’inizio
degli “anni zero” in cui, soprattutto con dischi come Fuori come va? e Nome e
cognome, il rocker emiliano non aveva del tutto convinto. Gran parte del “segreto”
del successo di quell’album va accreditato non solo ad un ritrovato songwriting
in grado di partorire brani di sicuro effetto, ma anche ad una riuscitissima
produzione affidata alle cure di un pezzo da novanta come Corrado Rustici e ad
una affiatata band che ormai da molti anni affianca “il Liga” anche nelle
uscite live.
Ebbene,
la “ciurma” assoldata adesso da Ligabue per il nuovo album Mondovisione, uscito da poche settimane, è grossomodo la stessa del
precedente lavoro. Manca a dire il vero il nome più importante di quella
squadra, ossia proprio Corrado Rustici ma, anche al contrario di quanto si
potrebbe pensare su due piedi, l’assenza non pesa più di tanto, anche perché a
rimpiazzarlo provvede il bravissimo Luciano Luisi che – già presente anche nel
team di produzione di Arrivederci, mostro! – di Rustici è un vecchio
collaboratore ed è anche lui un professionista assai affermato e tra i più
affidabili che ci siano al momento in Italia (ricordiamo solamente il
meraviglioso lavoro fatto con Cristiano De André ai tempi di De André canta De André). La band è
invece invariata rispetto ad Arrivederci,
mostro!
Dal
punto di vista strettamente musicale, quindi, Mondovisione suona molto simile ad Arrivederci, mostro!, e quindi suona bene: sound molto rockeggiante
con chitarre distorte e una sezione ritmica ben strutturata ma anche una folta
presenza di elettronica e di suoni di “accompagnamento”. Per quanto riguarda i
testi, se Arrivederci, mostro! puntava
molto all’introspezione ed al mondo privato degli affetti e dei sentimenti, Mondovisione, come suggerisce già il
titolo, guarda molto all’esterno, affronta con piglio deciso e pure arrabbiato
tematiche di attualità su cui raramente Ligabue in passato ha deciso di
affermarsi. Il sale della terra,
singolo di lancio del disco, è il manifesto di questa nuova verve intrisa di
critica sociale e di riprovazione nei confronti del potere costituito, con un
testo esplicito ben sostenuto da una musica aggressiva e battente. Sullo stesso
tenore si situa anche il brano di apertura, Il muro del suono, il cui attacco iniziale tra l’altro è forse il
momento più trascinante dell’intero disco. Anche Siamo chi siamo, Il volume
delle tue bugie e Nati per vivere
(adesso e qui) seguono questa falsariga.
Non
mancano comunque brani più introversi e riflessivi. Da segnalare soprattutto la
bellissima Ciò che rimane di noi,
uno dei pezzi migliori dell’album, ma anche La neve se ne frega, che riprende il titolo di un romanzo scritto
da Ligabue qualche anno fa, non è male. Di ottimo impatto, probabilmente anche
a livello radiofonico, è Tu sei lei,
brano che, scelto come secondo singolo, sembra lanciarsi in scia a Ci sei sempre stata sulla linea della
canzone d’amore che però non rinuncia alle movenze rock. La terra trema, amore mio, che è forse il brano meno rock del
disco, racconta l’esperienza del terremoto in Emilia che Ligabue ha vissuto in
prima persona (brano che per certi versi ricorda la struggente Quando mi vieni a prendere del
precedente disco), mentre Per sempre
(più malinconica) e Con la scusa del
rock’n’roll (più gioiosa) aprono lo “scrigno dei ricordi” del cantante, che
rievoca tracce del proprio passato. La matrice più soffusa dell’album si fa poi
molto forte nel brano di chiusura, una delle poche ballad del disco che è l’eterea
Sono sempre i sogni a dare forma al
mondo.
In
generale, quindi, si tratta di un ottimo lavoro, assai accurato e ben rifinito.
Presenta tredici tracce, non poche, anche se due sono veloci interludi musicali,
e cioè Capo Spartivento, poco
significativa, e Il suono, il brutto e
il cattivo che, al di là del gioco di parole non entusiasmante, presenta un
singolare intermezzo western all’interno di un album che verte su ben altre
sonorità.
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