Philomena (2013)
Titolo
originale: Philomena
Regia:
Stephen Frears
Con: Judi Dench, Steve Coogan
Voto:
9,5
Secondo
alcuni – chissà perché poi? – un film da vedere (e quindi magari anche da
recensire) sotto Natale dev’essere per forza una pellicola leggera, una di
quelle commedie disimpegnate e magari un po’ becere che in molti predilogono
guardare durante le feste natalizie. Dissociandomi da questa concezione un po’
semplicistica dei film di Natale – e fors’anche del Natale stesso, che non è
solo una festa consumistica fatta di mangiate e regali ma anche un periodo
dedicato alla comunanza con gli altri, e questo non solo per i credenti –
propongo invece un film, ancora in programmazione nelle sale, davvero molto
triste ma anche altrettanto bello come Philomena,
diretto da Stephen Frears (regista dalla lunga filmografia alle spalle in cui
spicca tra gli altri The Queen) e
interpretato da una monumentale Judi Dench.
Cinquant’anni
dopo aver partorito in convento un bambino sottrattole dalle suore e ceduto ad
una famiglia adottiva, una donna si decide a rivelare l’esistenza di quel
“figlio del peccato” e mettersi sulle sue tracce. La aiuterà in questo un
giornalista giunto ad un momento difficile della propria carriera il quale, pur
essendo dapprincipio poco interessato all’argomento, finirà con
l’appassionarsene al massimo grado. La storia è assolutamente vera – anche i
nomi dei protagonisti sono reali, a partire da quel Martin Sixsmith dal cui
libro il film è tratto – e metterà i due di fronte ad una realtà dura ed assai
difficile da accettare.
La
storia è molto forte e strappa più di una lacrima: l’innegabile talento di
Frears sta però nel girare in modo molto asciutto, tenendosi il più alla larga
possibile dalla retorica e dalle pose melense (anzi, non mancano le scene che
con un tocco di humour inglese alleggeriscono la portata emotiva del racconto)
e lasciando che sia la storia, e non il modo di raccontarla, a turbare la
coscienza dello spettatore. Perché poi di questo si tratta: di turbamento. Infatti
il film, inutile negarlo, turba: sapere che solo mezzo secolo fa c’erano suore
che, con la scusa dell’espiazione del “peccato” di donne a loro dire “lascive”,
ne vendevano i figli a famiglie facoltose non può che turbare. In questo, non
si può negare un aspetto “politico” della vicenda, un indice puntato nei
confronti delle istituzioni ecclesiastiche che si sono macchiate di queste
colpe tremende. Frears comunque non si abbandona mai alla polemica, ed anzi ci
mostra la salda fede della protagonista, in grado anche di perdonare chi ha
commesso nei suoi confronti questa imperdonabile atrocità. Tutto sommato,
infatti, al di là che una giusta cassa di risonanza a questo scandalo era
giusto darla ed è stata data, è l’aspetto morale quello che conta: il viaggio
sottoporrà i due protagonisti ad una prova emotivamente devastante, e solo con
un forte sistema di valori entrambi saranno in grado di rispondere senza
violenza alla violenza, ed è sotto questa prospettiva che gli steccati creatisi
tra la protagonista credente e il giornalista ateo vengono meno, nella
convergenza di un’etica che va oltre la religione e la fede.
Judi Dench e Steve Coogan in una scena del film
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