venerdì 24 gennaio 2014

Fred Uhlman - L’amico ritrovato

Fred Uhlman, L’amico ritrovato, Feltrinelli-Loescher, Milano-Torino, 1986, pagg. 143
Titolo originale: Reunion
Anno di prima pubblicazione: 1971
Traduzione di Maria Giulia Castagnone
Voto: 9,5




Non che alla cosa vada poi data così importanza (non è detto che sia un’immagine così rappresentativa e fedele del nostro paese, ma magari lo è...), però in questi giorni in rete impazza un video di un famoso quiz televisivo in cui i concorrenti non hanno idea del periodo (non solo l’anno, ma addirittura il decennio) in cui erano al potere Hitler e Mussolini (concorrenti che dopo aver sbagliato poi talvolta si spanciano in risate: cosa ci sarà poi da ridere?) In un paese così viene il sospetto che non solo la conoscenza storica (stiamo parlando oltretutto di argomenti relativamente recenti, mica delle “polverose” Guerre Puniche) ma proprio la memoria stessa di ciò che siamo stati, e di ciò che i nostri antenati hanno fatto perché noi oggi fossimo qui, siano temi ormai drammaticamente passati di moda. È un tipo di sensibilità che non promette niente di buono, anzi pare invero l’anticamera perché gli orrori del passato, una volta dimenticati, possano ripresentarsi intatti ora come allora.

Specialmente in prossimità della Giornata della Memoria, ma – perché no? – anche negli altri periodi dell’anno, riprendere in mano testi che raccontino gli orrori del nazifascismo non è solo una scelta culturale di approfondimento delle conoscenze in senso lato, ma anche un tentativo di riportare alla nostra attenzione tematiche fondamentali di cui troppo spesso sembra che la collettività – quella che potremmo chiamare “opinione pubblica” – voglia sbarazzarsi. Fermo restando che una conoscenza storiografica “diretta” tramite fonti puntuali e competente è di certo imprescindibile, la letteratura in tal senso svolge un ruolo fondamentale perché scaraventa il lettore direttamente “nel bel mezzo” del contesto storico-narrativo. Se la storia “ci fa conoscere” gli eventi, la letteratura “ci fa vivere” in essi, ce li mostra attraverso un’ottica meno generale ma più interna, più immediata, dove è più facile rendersi conto degli abomini che venivano commessi in quel tempo, ed è più semplice fermarsi un attimo durante la lettura e, prima di riprenderli, chiedersi con sgomento: ma davvero è successo tutto questo?

Tra i tanti libri sul nazifascismo tra cui scegliere, oggi ho deciso di dedicarmi a L’amico ritrovato, celeberrimo romanzo di Fred Uhlman che deve molta della sua fama anche al fatto che è spesso inserito nei programmi scolastici. Anzi, io stesso l’ho letto per la prima volta a scuola, alle medie. E l’ho, senza mezzi termini, letteralmente odiato: confesso di ricordare che non mi piacque per niente. Rileggendolo anni dopo mi sono invece convinto della grandezza di questo testo, la cui trama è nota: nella Stoccarda nazista del secondo anteguerra, il protagonista, un sedicenne ebreo, fa amicizia – una profonda amicizia – con un rampollo di buona famiglia “ariana”. Il periodo non è però quello più adatto per questo tipo di amicizia, ed anzi il giovane ebreo viene costretto dalla contingenza a fuggire in America. Anni dopo, niente lo lega più alla vita di un tempo in Germania, tranne quello che succede nel bruciante e sconvolgente finale, che trafigge al cuore anche il più sensibile dei lettori.

La grandezza di Uhlman, tra l’altro, sta probabilmente nell’abbandonarsi ai ricordi in modo quasi lirico, asciugando il testo di qualsiasi retorica eccessiva: raccontare gli orrori del nazismo si può fare anche indugiando sulle bellezze di una Germania meravigliosa che la follia del nazismo ha velocemente spazzato via. Bella la Germania, bello viverci la giovinezza, così spensieratamente pensierosa, facile e difficile allo stesso tempo, dove le amicizie creano legami così forti che è difficile crearne di simili ad età più adulte. Poi il fanatismo, il razzismo e tutti gli estremismi cialtroni del nazismo ha provveduto a cancellare tutto questo.

Dicevo che quando l’ho letto a scuola ho piuttosto detestato questo romanzo. Al di là dei gusti personali, credo che ciò sia dovuto al fatto che a dire il vero L’amico ritrovato non è poi così “per ragazzi” come spesso si dice. Anzitutto, la trama è assolutamente scarna: nel romanzo non succede quasi niente, per lo più assistiamo a rievocazioni sparse e riflessioni varie. E poi c’è da considerare che lo stile di Uhlman, sebbene impeccabile, è talvolta complesso, molto intarsiato, quasi neoclassico, colmo di citazioni erudite. Non si tratta insomma di un testo sempre facilmente “digeribile” per dei ragazzi. Poi intendiamoci: i ragazzi possono leggere di tutto, anche L’amico ritrovato, ed anzi – come ho detto in apertura – è un bene, e quasi una necessità, che lo facciano; basta che siano messi nelle possibilità di apprezzare il testo fornendo loro gli strumenti adeguati per farlo.

E qua casca l’asino, didatticamente parlando: l’edizione di riferimento di questa recensione è appunto quella scolastica su cui ho studiato io. Ed è un’edizione sicuramente molto buona: l’apparato di introduzione e presentazione al testo, così come il complesso di note esplicative a piè di pagina, è per lo più impeccabile, in grado di fornire in modo chiaro ma preciso tutte le informazioni necessarie per contestualizzare appieno tutti i passaggi, anche i più complessi, del romanzo. Quello che mi lascia – e mi lasciò da ragazzo – più perplessità è invece la sequela di esercizi che intervallano il testo (oltre a quelli che di sua iniziativa ci faceva fare la nostra pur brava docente): lavorare su un testo così ricco e complesso con domande a crocette ed esercizi di divisione in sequenze, riassunti e analisi formali pare proprio il migliore dei modi per allontanare gli studenti dal piacere della lettura. Un po’ quel che succede coi Promessi sposi, che molti odiano non perché siano un brutto romanzo (ci mancherebbe!), ma perché a scuola li hanno studiati con esercizi poco sensati che magari vertevano sui formaggi mangiati da Renzo nel suo girovagare per la Lombardia. Ecco, un romanzo non è una funzione matematica da analizzare con calcoli e diagrammi. È una cosa un po’ più creativa, e come tale andrebbe presentata alle nuove generazioni. Altrimenti c’è il rischio che esse non riescano a capire quanto grande sia la gioia che può dare leggere un libro. E che magari vadano in tv a dire che Hitler è diventato cancelliere nel 1979...

Ricordo ancora un’accanita discussione tra mio padre e un sionista incaricato di raccogliere fondi per Israele. Mio padre detestava il sionismo, che giudicava pura follia. La pretesa di riprendersi la Palestina dopo duemila anni gli sembrava altrettanto insensata che se gli italiani avessero accampato dei diritti sulla Germania perché un tempo era stata occupata dai romani. [...] Quando il sionista accennò a Hitler, chiedendogli se il nazismo non gli facesse paura, mio padre rispose: “Per niente. Conosco la mia Germania. Non è che una malattia passeggera, qualcosa di simile al morbillo, che passerà non appena la situazione economica accennerà a migliorare. Lei crede sul serio che i compatrioti di Goethe e di Schiller, di Kant e di Beethoven si lasceranno abbindolare da simili sciocchezze? Come osa offendere la memoria dei dodicimila ebrei che hanno dato la vita per questo paese? Für unsere Heimat?”

(pagg. 77-8)

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