Titolo originale: Down by Law
Regia: Jim Jarmusch
Con: Tom Waits, Roberto Benigni, John Lurie
Voto: 8
La Louisiana è terra per musicisti, e per registi che vogliono farsi
ispirare dalla musica (come anche nel caso dello stravagante Una canzone
per Bobby Long di Shainee Gabel): in Daunbailò – pellicola del 1986
girata da Jim Jarmusch (anch’egli un cineasta col pallino per la musica)
e presentata in concorso al Festival di Cannes di quell’anno – due dei
tre attori protagonisti, Tom Waits (sue le canzoni presenti nel film) e
John Lurie (che si è occupato delle musiche), sono stati anche artefici
diretti della colonna sonora. Ma non è solo questo a fare di Daunbailò
un film molto musicale, anzi direi un film blues: è la scansione ritmica
delle sequenze a conferire questa singolare impressione alla pellicola
di Jarmusch. Bianco e nero raffinatissimo, molte scene lunghe a camera
fissa con pochissimi stacchi, dialoghi ridotti all’osso e, come non
notarlo?, un continuo ricorso all’ellissi – sono probabilmente più le
cose che succedono tra una scena e l’altra che quelle rappresentate –
caratterizzano questo raffinato film. Al regista non interessa essere
didascalico nel raccontare la trama: credo gli prema di più fare di ogni
scena una sorta di fotografia in movimento, e consentire alla bravura
degli attori di dare corpo alle molte scene lunghe – quasi teatrali –
della sceneggiatura. In questo, i già citati Waits e Lurie, nonché il
simpaticissimo Roberto Benigni, se la cavano benissimo. Si tratta in
effetti di un terzetto molto particolare, sia dal punto di vista dei tre
attori in sé, sia dal punto di vista dei personaggi che essi incarnano –
ed è anche questo un motivo di forza del film. Tre compagni di galera –
due americani e un immigrato italiano poco a suo agio con l’inglese
(tanto che non azzecca mai un verbo irregolare) – si trovano a vivere
una rocambolesca evasione che diventerà occasione per stringere
un’amicizia molto sui generis… Quasi sospeso fuori dal tempo, onirico e
rarefatto, Daunbailò è un film molto particolare che, specialmente se si
è abituati ai frenetici montaggi degli ultimi tempi, può lasciare di
certo spiazzati (dura un’ora e venti e temo che, se fosse durato una
mezz’ora in più, sarebbe stato ben più difficile da digerire); tuttavia,
non è sicuramente una pellicola che passa inosservata, dalla quale –
piaccia o non piaccia il film in sé – traspare adamantino il talento sia
del regista che degli interpreti.
John Lurie, Roberto Benigni e Tom Waits in una scena del film
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