Emilio Salgari, Le tigri di
Mompracem, Newton Compton, Milano, 1994, pagg. 284
Anno di
prima pubblicazione: 1900 (ma una prima versione, intitolata La tigre della Malesia, era apparsa già
nel 1884)
Voto: 8
L’anno che
va chiudendosi tra un paio di settimane, il 2011, non è solo il
centocinquantenario dell’Unità d’Italia, ma anche il centenario della tragica
morte per suicidio di uno dei più grandi scrittori “leggeri” che la nostra
nazione abbia mai avuto, Emilio Salgari. Mi sembra giusto allora dedicare a lui
l’ultimo libro recensito quest’anno, e parlare di uno dei suoi migliori e più
celebri lavori, Le tigri di Mompracem.
Scrittore per ragazzi in un’epoca in cui la letteratura per l’infanzia era
considerata robetta da bancarella dell’usato, l’ostinazione quasi ossessiva con
cui Salgari ha lottato per campare della propria penna fa venire in mente il
suonatore Jones di Edgar Lee Masters (e dell’omonima canzone di De André) –
l’artista che vive d’arte per amore dell’arte, che suona perché sa suonare e
gli piace lasciarsi ascoltare, quantunque la critica “ufficiale” lo circondi di
incomprensione e lo frustri con spocchiose alzate di spalle. Al giorno d’oggi,
uno scrittore con un repertorio come quello di Salgari farebbe con i soli
diritti d’autore una vita alla J. K. Rowling, apprezzato dalla
critica e osannato dal pubblico, tanto che i lettori farebbero la fila in
libreria per assicurarsi il suo ultimo lavoro. Invece in tal senso Salgari è
nato nel secolo sbagliato, era considerato poco più che un cialtrone
imbrattacarte e, sebbene un pubblico numeroso lo seguisse con affetto, era
sempre in bolletta e inseguito dai creditori. Pensate che proprio lui, un
Autore così attento all’esotico e solito nell’ambientare nelle più disparate
parti del mondo i propri romanzi, non è riuscito a mettere mai piede fuori
dall’Italia.
Eppure,
leggere Salgari oggi non è solo fare un omaggio ad un maestro oscuro della
nostra narrativa che avrebbe meritato di ricevere già in vita i tributi che gli
sono stati dedicati post mortem (oggi
Salgari non sarà considerato un padre della letteratura, ma è stato comunque
abbondantemente rivalutato, com’è giusto che sia). No, leggere Salgari oggi è
anche immergersi in un mondo narrativo che affascina e ammalia ancora oggi.
Scrittore bulimico anche per necessità, ha in repertorio titoli poco noti e
sicuramente di livello basso: i romanzi più riusciti, come Le tigri di Mompracem, sono tuttavia impeccabili. Abbiamo definito
Salgari uno scrittore per ragazzi, e certo erano loro i destinatari cui si
rivolgeva il veronese, e senza dubbio ancora oggi sono i più giovani i fruitori
privilegiati dell’opera salgariana (anche se purtroppo oggi molti giovani,
senza sapere quanto divertimento si stiano perdendo, leggono pochissimo).
Ciononostante, i romanzi di Salgari sono pienamente apprezzabili anche da un
adulto: quella salgariana non è solo specificamente letteratura per ragazzi, ma
più in generale letteratura d’evasione. E non è facile né scrivere per ragazzi
né scrivere per divertire: a Salgari entrambe le cose riuscivano con
spettacolare facilità, con ricorso a tecniche che sembrano precorrere gli
espedienti narratologici dei film di Indiana Jones o 007.
È chiaro
quindi che leggendo Salgari non si cerca il capolavoro, si cerca il
divertimento, come quando si aprono le pagine di un Dan Brown o di un Wilbur
Smith, con tutti i pregi e anche tutti i limiti che ciò comporta. E a tal
proposito quello che più colpisce è che il romanzo salgariano funziona, per così dire gira implacabilmente ipnotizzando il
lettore. Ritmo, innanzitutto c’è ritmo: prendete proprio Le tigri di Mompracem e vi troverete avventure una dopo l’altra che
si susseguono con tempi perfetti, mai troppo corte per non deludere l’attesa,
mai troppo lunghe per non annoiare, con stacchi bilanciati tra un’azione e
l’altra e la giusta suspense. Non c’è una scena fuori posto, tutto è funzionale
alla riuscita della trama. Lo stile è un po’ “vecchio” (uno scrittore che oggi
usasse il linguaggio di Salgari apparirebbe perlomeno un tantino neoclassico)
ma è anch’esso rigorosamente equilibrato, e si legge ancora oggi senza alcuno
sforzo, al di là di alcuni vocaboli tecnici o esotici che richiedono qualche
nota a piè di pagina. L’ambientazione è incredibile: sebbene l’Autore non sia
mai stato come detto fuori dall’Italia, con Le
tigri di Mompracem il lettore è nel
Borneo, sente l’esotico sulla propria pelle, lo vede stagliarsi nitido nelle
righe del romanzo. L’arte evocativa di Salgari in questo è davvero
strabiliante, considerando anche che l’uso delle descrizioni è certo ampio ma
mai eccessivo.
E poi,
ovviamente, ci sono loro, i capisaldi della narrativa salgariana: i personaggi.
Gli eroi di Salgari sono un po’ infantili e inverosimili (ma del resto anche
Indiana Jones è infantile e inverosimile), ma sono splendidi. In questo romanzo
troviamo calibri come Sandokan, il pirata sanguinario che cede all’amore,
Yanez, il suo affezionato alter ego furbo come Ulisse, le icastiche Tigri di
Mompracem sempre pronte alla pugna, la meravigliosa Lady Marianna, così
splendida che fa innamorare non solo Sandokan ma anche il lettore, il subdolo
Lord James Guillonk, implacabile come un cobra, e così via. E Salgari,
precursore anche in questo, non sta con gli europei ma con gli autoctoni, sta
con i vinti, in un forte anti-imperialismo ante litteram che stigmatizza senza
esitazioni il ruolo del colonialismo europeo nel Terzo Mondo. Insomma, ci sono
mille e più motivi per amare un romanzo come Le tigri di Mompracem: se volete passare un Natale all’insegna
dell’avventura e del divertimento, vi consiglio di riscoprire questa gioiosa
gemma di inizio Novecento.
Forse che gli
uomini di razza bianca non sono stati inesorabili con me? Forse che non mi
hanno detronizzato col pretesto che io diventavo troppo potente? Forse che non
hanno assassinato mia madre, i miei fratelli e le mie sorelle, per distruggere
la mia discendenza? Quale male avevo io fatto a costoro? La razza bianca non
aveva mai avuto da dolersi di me, eppure mi volle schiacciare. Ora li odio,
siano spagnuoli, od olandesi, o inglesi o portoghesi tuoi compratiotti, io li
esecro e mi vendicherò terribilmente di loro, l’ho giurato sui cadaveri della
mia famiglia e manterrò il giuramento!
(pag. 39)
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