Arto
Paasilinna, Sangue caldo, nervi d’acciaio, Iperborea, Milano, 2012,
pagg. 242
Titolo originale: Kylmät
hermot, kuuma veri
Anno di prima pubblicazione: 2006
Traduzione di Francesco Felici
Voto: 8,5
Sangue caldo, nervi
d’acciaio
è il dodicesimo romanzo (e di certo non l’ultimo) di Arto Paasilinna – la cui
bibliografia è molto più ampia – a venire pubblicato in italiano: per uno
scrittore proveniente da una nazione “periferica” come la Finlandia si tratta
sicuramente di un grande risultato, considerato anche che l’Italia non è la
sola nazione straniera dove i suoi libri sono tradotti e letti con buon
successo. Si tratta d’altra parte di un risultato meritato: sui dodici romanzi
pubblicati in italiano, almeno undici meritano senz’altro la lettura (ho
qualche riserva solo su Le dieci donnedel cavaliere, di cui abbiamo già parlato). I racconti di Paasilinna, e il
suo modo di raccontarli, hanno sempre qualcosa di speciale. Paasilinna, un po’
come uno dei suoi connazionali più celebri, il regista Aki Kaurismäki, riesce a
raccontare ogni tipo di storia, anche la più drammatica, con uno stile leggero
e ironico che non è mai irriverenza ma voglia di non prendersi mai troppo sul
serio, di affrontare serenamente ogni tipo di problema senza abbandonarsi mai
allo sconforto, credendo nella forza dei sorrisi. In una nazione che primeggia
nelle classifiche internazionali in merito al tasso di suicidi, Paasilinna –
che si è occupato nello specifico anche di questo problema nello spiazzante Piccoli suicidi tra amici – ha quasi un
ruolo terapeutico... D’altra parte, raccontare della Finlandia e, per così
dire, della “finlandiesità”, è da sempre uno degli obiettivi, e delle
caratteristiche principali, della scrittura di Paasilinna.
E
Sangue caldo, nervi d’acciaio è
probabilmente il romanzo più “finlandese” mai scritto da Paasilinna (almeno tra
quelli tradotti in italiano). Una sciamana, nel 1917, ha una preveggenza: la
sua amica Hanna, incinta, partorirà l’8 gennaio del ’18 un figlio maschio,
finnicamente robusto e sano, che morirà molti anni più tardi, il 12 luglio
1990. Lui è Antti Kokkuoluoto, e il romanzo seguirà la sua esistenza – con più
attenzione nei primi trent’anni di vita – dalla nascita fino a quel fatidico
giorno di luglio del ’90, che segnerà un grandioso finale del romanzo. Seguendo
Antti, il romanzo si imbatterà in tutte le vicende più importanti del Novecento
finlandese, di cui il protagonista è spesso attore in prima persona:
indipendenza, guerra civile, guerra mondiale, guerra di Lapponia, minacce di
colpo di stato, ma anche Olimpiadi e una nuova era di sviluppo e progresso; la
storia della Finlandia è davvero complessa, e il romanzo è anche un modo
divertente per conoscerla meglio.
(Apro
una parentesi sull’edizione Iperborea: la piccola casa editrice specializzata
in letteratura nordica negli ultimi tempi ha purtroppo perso la commendevole
abitudine di chiudere i propri libri con una postfazione che inquadri meglio il
romanzo in questione. Stavolta però – e speriamo che sia un ripristino della
vecchia politica – l’Iperborea si è superata con un grandissimo lavoro: non
solo è tornata ad esserci una puntuale postfazione che aiuta a comprendere
meglio il romanzo, ma c’è anche una nota sulla storia della Finlandia che
consente a noi italiani, ahinoi non molto competenti sulle vicende storiche del
nord Europa, di seguire il testo senza problemi. Ben fatto, Iperborea!)
Sin
dalle prime pagine si capisce quindi che siamo di fronte ad un tipico romanzo
di Paasilinna, la cui essenza traspare di rigo in rigo, con il suo stile piano
e leggero – tanto che a volte il racconto è pure troppo “tirato via”, cosa che
può essere criticabile, anche se probabilmente una narrazione con più indugi
avrebbe minato la levità di fondo che pervade l’intero testo. Eppure, qualcosa
di diverso rispetto al solito c’è. Sangue
caldo, nervi d’acciaio è un’opera sicuramente meno comica delle precedenti,
più attenta a seguire anche un progetto di racconto più “alto”. È d’altra parte
un’opera di un Paasilinna maturo (è uscita in patria nel 2006, quando l’Autore
aveva 64 anni) che non rinuncia al comico ma cerca anche percorsi narrativi più
seri e impegnati. Sorriso e follia finnica non mancano, ma c’è anche orgoglio
patriottico in un romanzo che vuole essere anche una sorta di affresco di
storia della Finlandia, una celebrazione poco canonica e mai seriosa ma
comunque nemmeno impertinente della sua amata terra patria. Non è un testo
paragonabile a Cent’anni di solitudine
di García Márquez che, anche solo per le intenzioni da cui è scaturito, è su un
altro pianeta, ma qualche istanza comune di fondo c’è.
Per
questo racconto, quindi, Paasilinna ha scelto come cardine una famiglia che ha
messo lo zampino in tutte le vicende più importanti del Novecento finlandese;
nel fare questo, l’Autore ha pertanto dovuto rinunciare agli emarginati – o
comunque ai personaggi di “rottura” – che sono spesso stati protagonisti dei
suoi romanzi. È una novità non da poco, che si sposa con la scelta di fare un
racconto meno comico del solito: la vicenda è stavolta medio-alto-borghese
(anche se non mancano personaggi più eccentrici come proprio la sciamana). D’altra
parte, una vicenda del genere narrata attraverso un personaggio “eccentrico” –
come succede nel Centenario di Jonas
Jonasson – avrebbe perso la sua carica di verosimiglianza ed esemplarità. Non
per questo, comunque, ci si annoia: come già detto, Paasilnna sa narrare col
sorriso anche le storie più drammatiche; vi riesce senza problemi anche con una
storia celebrativa e patriottica come questa. Un’altra piacevole conferma.
Ma ecco
che all’improvviso il suo corpo robusto fu preso da tremiti. Chiuse gli occhi
ed entrò all’istante in contatto con il lato nascosto della realtà. Come il
fascio di luce di un faro, il suo spirito spazzò l’arcano oceano segreto della
chiaroveggenza. Una certezza la colpì, una certezza nata dalle altezze
insondabili del cielo, apparsa dalle nuvole di tempesta sotto le sembianze di
un’ossifraga, un’immensa aquila marina bicefala! L’uccello era foriero di un
avvincente messaggio con due date precise. Il prossimo 8 gennaio Linnea avrebbe
aiutato a venire al mondo un bambino. E quel bambino sarebbe morto nell’estate
del 1990. Quando una sciamana si addormenta, il suo cervello resta vigile.
(pagg. 9-10)
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